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Internet, la Chiesa si converte sempre di più al web

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Un appuntamento per ”rifare il punto” sulle nuove tecnologie. Così don Domenico Pompili, direttore dell’Ufficio Cei per le comunicazioni sociali, come riporta il Sir, l’agenzia dei Vescovi, ha spiegato il senso del convegno nazionale ‘Chiesa in rete 2.0’ che, su iniziativa dello stesso Ufficio Cei e del Servizio informatico, si conclude oggi a Roma.

Pompili ha ricordato i precedenti incontri sul tema, tenuti ad Assisi nel 2000, a Roma nel 2001 e a Milano nel 2002. In questi anni, ha sottolineato, ”non sono mancati pertinenti pronunciamenti da parte del Magistero. Ultimo in ordine di tempo, l’annunciato messaggio per la prossima Giornata mondiale delle comunicazioni sociali (Nuove tecnologie, nuove relazioni. Promuovere una cultura di rispetto, di dialogo, di amicizia) che lascia chiaramente immaginare – e in modo dichiaratamente pro-positivo – che in questo ambito si gioca una partita importante dell’umano”.

Oggi, ha spiegato il direttore dell’Ufficio Cei, ”siamo di nuovo insieme perché siamo ormai al tempo del Web 2.0”, ossia ”siamo giunti alla realizzazione di un ‘reale universo virtuale’, non necessariamente alternativo al mondo fisico reale. Era dunque tempo di rivedersi, anche se solo dopo pochi anni, ma quasi un’era geologica in questo ambito”. ”Noi non siamo dei ‘digital native’, come tutti i bambini che sono nati dopo la diffusione di Internet, in pratica i nostri teenagers. Noi siamo probabilmente le ultime generazioni dell’era Gutenberg – appunto degli ‘immigranti digitali’ – perché non siamo nati in una società multischermo e non siamo cresciuti, alimentandoci a questa nuova modalità di ‘fare esperienza’, che plasma l’intelligenza e orienta la stessa dinamica affettivo-relazionale”.

Questa, ha chiarito don Pompili, la ”consapevolezza” con cui ”faremo il punto” sul ‘Web 2.0’. Ai partecipanti al convegno ‘Chiesa in rete 2.0’, il direttore dell’Ufficio Cei ha ricordato che ciò che ”potrebbe essere uno svantaggio, e in parte tale rimane, potrebbe però rivelarsi, a ben guardare, un vantaggio per entrare in maniera più critica e avvertita dentro un mondo decisivo”.

Secondo Pompili, ”proprio la nostra condizione di immigranti digitali ci aiuterà a valutare meglio questa nuova condizione”, confermando che ”essere davvero contemporanei richiede una sorta di distanza dall’oggetto, senza lasciarci appiattire su di esso”. ”E’ giusto continuare a contrapporre il virtuale al reale? E, d’altra parte, in che modo le due esperienze, obiettivamente diverse, possono integrarsi?”
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uesto il primo interrogativo, cui don Domenico Pompili si augura che il convegno ‘Chiesa in rete 2.0’ possa aiutare alla riflessione e ”a dipanare qualche matassa”. ”Non vi è dubbio – ha detto Pompili introducendo questa mattina i lavori dell’incontro – che ci siano in giro difensori entusiasti del virtuale che tendono a minimizzare il suo impatto, così come vi sono ostinati detrattori del virtuale che vorrebbero descriverlo necessariamente come antitesi all’umano”.

Un secondo interrogativo riguarda il ”nuovo individualismo che cresce”. ”In che modo questo individualismo interconnesso ridisegna il territorio umano e, dunque, la dinamica relazionale?”

Infine, un’ultima domanda, ”e qui mi spingo dichiaratamente dentro il contesto ecclesiale”, ”è quella che si muove tra identità e linguaggi”. ”In che modo è possibile avere in Rete una fisionomia riconoscibile senza per questo assumere linguaggi scontati o peggio indecifrabili? Non vi è dubbio – ha spiegato Pompili – che è cresciuto il rapporto con la Rete, ma la domanda resta: come dobbiamo essere noi stessi, fino in fondo, senza per questo assumere uno stile linguistico desueto, quando non tautologico, cioè ripetitivo?”

Fonte: Adnkronos