Clandestini con la promessa di un
permesso facile previo pagamento, ma falso, e lavoro nero: questo era il meccanismo ideato da una banda di Reggio Emilia che forniva permessi falsi e manodopera illegale nei cantieri di mezza Italia.
Quattro persone sono state arrestate dai carabinieri con l’accusa di aver sfruttato decine e decine di clandestini di varie nazionalità. Gli immigrati arrivavano da tutte le parti d’Italia per essere poi illecitamente impiegati nei cantieri edili di varie Regioni Italiane tra cui Emilia Romagna, Liguria, Lombardia, Piemonte e Toscana. Costretti a lavorare anche per 18 ore al giorno per pochi euro, a vivere stipati, a decine, in abitazioni isolate dai centri abitati, dormendo per terra e costantemente minacciati.
L’operazione è stata condotta dai carabinieri della Stazione di San Polo d’Enza, coordinati dal Sostituto procuratore di Reggio Emilia Valentina Salvi. Le indagini dei carabinieri di San Polo d’Enza sono iniziate a dicembre dello scorso anno, con il ritrovamento di un ingente quantitativo di documenti e sigilli dello Stato contraffatti, che portò all’arresto di 4 stranieri. Nel corso delle indagini, i militari hanno accertato l’esistenza di un’organizzazione criminale che approfittando della situazione di clandestinità di immigrati presenti sul territorio nazional e promettendo loro un posto di lavoro e il rilascio di documentazione valida per il soggiorno in Italia, li occupava, ‘al nero, in ditte edili operanti sull’intero territorio nazionale.
I clandestini venivano così costretti a turni di lavoro disumani, anche 18 ore al giorno, con retribuzioni che non consentivano neanche l’acquisto dei primari beni di sostentamento: la paga standard era infatti di 1,70 euro l’ora; solo i più meritevoli riuscivano a guadagnare di più, la massimo 7 euro. I carabinieri hanno scoperto che i clandestini venivano stipati, a decine, in abitazioni isolate dai centri abitati, prive di riscaldamento e delle minime condizioni igienico-sanitarie, costretti a dormire per terra, o a fare turni per poter riposare su normali materassi. Spesso gli immigrati non ricevevano neanche il misero stipendio pattuito e, se protestavano con i loro loro aguzzini, venivano pesantemente minacciati, con l’anatema di possibili ritorsioni anche ai danni dei loro familiari.
La banda non tralasciava alcun dettaglio: per evitare i rischi di controlli nei vari cantieri, i clandestini venivano dotati di badge e documenti falsificati, riportanti la propria effigie fotografica, accompagnata però dalle generalità di persone regolarmente assunti. Ora in manette sono finiti G. F., 41enne nato a Corigliano Calabro e residente a Reggio Emilia, imprenditore; M. P. imprenditore 53enne di Reggio Emilia, F. P. 26enne, imprenditore di Reggio Emilia e V. B. moldavo 42enne, residente a Cadelbosco Sopra e capo cantiere. Per tutti l’accusa é di associazione per delinquere finalizzata all’introduzione e alla permanenza di cittadini clandestini sul territorio nazionale, falsificazione di permessi di soggiorno, estorsione e impiego di manodopera clandestina