Nelle festività di natale si consuma circa il 95 per cento degli oltre 8 milioni di cotechini e zamponi prodotti in Italia che, tradizionalmente abbinati alle lenticchie, sono sinonimo di fortuna e denaro. E’ quanto afferma la Coldiretti nel commentare positivamente le rassicurazioni delle Autorità competenti sulla assoluta assenza di rischi per il prodotto piu’ rappresentativo del Capodanno italiano dopo l’allarme sulla carne alla diossina in Irlanda.
La maggioranza della produzione nazionale – rileva la Coldiretti – è certificata come Cotechino e Zampone di Modena IGP, riconoscibili dal caratteristico logo a cerchi concentrici gialli e blue con stelline dell’Unione Europea, ma cresce la domanda per quelli artigianali magari acquistati direttamente dagli allevatori. Il cotechino e lo zampone si distinguono tra loro anche dal fatto che mentre nei primi viene riempita di carne una guaina di budello di maiale nei secondi a contenere il gustoso ripieno è la zampa svuotata dell’animale.
La nascita dello zampone viene fatta risalire intorno al 1511, anno in cui le truppe di Giulio II, papa guerriero, assediarono Mirandola, fedelissima alla Francia e patria di Giovanni Pico, ancora ricordato per la sua prodigiosa memoria. Gli abitanti della città presa d’assedio, per non lasciare ai nemici i pochi suini rimasti, li uccisero tutti e per non sprecare la carne in un solo momento la affidarono ad un cuoco di Pico. Questo personaggio ebbe la brillante idea di tritare tutta la carne e miscelarla, com’era uso nella cucina rinascimentale, con molte spezie. Una volta completata questa operazione inserì il composto nella pelle delle zampe anteriori dei maiali, per poterlo conservare a lungo e cuocerlo al momento opportuno. Nacque così – continua la Coldiretti – il prototipo del famoso ed ancora attualissimo zampone di capodanno.
Lo zampone e il cotechino analizzati dopo cottura dimostrano di avere una composizione molto diversa dall’immagine che li vede come prodotti molto grassi: 100 grammi, pari a due fette, contengono 319 calorie, circa quanto un etto di mortadella (307) e meno della stessa quantità di salame (352). Si tratta di alimenti interessanti per l’apporto in proteine di elevata qualità biologica, in vitamine B1 e B2 (tiamina e riboflavina) e in ferro e zinco (oligoelementi per i quali possono verificarsi carenze in caso di alimentazione vegetariana). Inoltre, per quanto riguarda il problema della qualità dei lipidi, che ha a lungo penalizzato ingiustamente questi alimenti, i dati attuali – conclude la Coldiretti – indicano che la composizione in acidi grassi e il rapporto tra le diverse classi di acidi grassi non si discostano da quelle che sono le raccomandazioni nutrizionali.
SALUTE: DIOSSINA; COLDIRETTI, FIDUCIA NEL MADE IN ITALY DA 9 ITALIANI SI 10
Il 98 per cento chiede l’obbligo dell’etichetta di origine per tutti i prodotti.
Nove italiani su dieci sono d’accordo sul fatto che “se il prodotto alimentare è italiano sono più sicuro da dove proviene e quindi mi fido di più”. E’ quanto dai risultati dell’Indagine Swg Coldiretti divulgati in occasione del summit sul “Contrasto alle frodi agroalimentari” che si è svolto dopo l’allarme sulla carne alla diossina in Irlanda. Un’attenzione che trova riscontro nel fatto che secondo gli italiani il primato del Made in Italy a tavola è dovuto, nell’ordine, al gusto, alla sicurezza e alla genuinità piuttosto che al costo. Secondo l’indagine Coldiretti-Swg la quasi totalità dei cittadini (98 per cento) considera necessario che debba essere sempre indicato in etichetta il luogo di origine della componente agricola contenuta negli alimenti, per colmare una lacuna ancora presente nella legislazione comunitaria e nazionale.
SALUTE: DIOSSINA; COLDIRETTI, AUMENTANO VENDITE DIRETTA DA ALLEVATORI
Niente allarme. tengono acquisti carne anche nelle macellerie convenzionali.
Dai primi segnali aumentano le richieste agli allevamenti che vendono direttamente la carne e sono in grado di garantirne personalmente la provenienza e l’alimentazione. E’ quanto ha affermato la Coldiretti nel corso del summit sul “Contrasto alle frodi agroalimentari” che si è svolto dopo l’allarme sulla carne alla diossina in Irlanda. Al momento – sottolinea la Coldiretti – si registra una sostanziale stabilità degli acquisti di carne bovina e suina degli italiani che ogni anno in media consumano a testa 25 chili di carne bovina e 31 chili di carne suina e derivati, secondo un primo monitoraggio della Coldiretti.
Sembrano avere avuto successo – sottolinea la Coldiretti – le rassicurazioni delle Autorità competenti sulla assoluta assenza di rischi in Italia, anche grazie alle garanzie offerte dal capillare sistema di controllo nazionale che può contare sulla piu’ estesa rete di veterinari.
D’altra parte – conclude la Coldiretti – dall’Irlanda arriva solo lo 0.3 per cento della carne suina importata in Italia e i numerosi sequestri hanno consentito di individuare e togliere dal mercato le partite sospette, mentre la percentuale sale al 7 per cento per la carne bovina che tuttavia è facilmente riconoscibile sugli scaffali dei supermercati grazie all’obbligo di indicare la provenienza in etichetta.
SALUTE: DIOSSINA; COLDIRETTI, DA PSICOSI CONSUMI MILIARDI DI DANNI
Il tempestivo avvio dei controlli a livello comunitario e nazionale, grazie al sistema di allerta rapido, ha consentito di evitare una psicosi nei consumi che nel passato è costata miliardi di euro al sistema produttivo, con perdite stimate di 2 miliardi per la mucca pazza (2001) e di mezzo miliardo per il pollame con l’aviaria (2005). E’ quanto è emerso nel corso del summit sul “Contrasto alle frodi agroalimentari” che si è svolto dopo l’allarme sulla carne alla diossina in Irlanda.
In un Paese come l’Italia che può contare sulla piu’ estesa rete di veterinari a livello comunitario è rassicurante – sostiene la Coldiretti – ma per fare fronte alle emergenze sanitarie che si rincorrono servono soprattutto misure strutturali con un sistema di etichettatura obbligatorio che indichi la provenienza e l’origine di tutti gli alimenti, come elemento di trasparenza per produttori e consumatori e a garanzia della sicurezza alimentare.
L’esperienza delle crisi del passato che – continua la Coldiretti – ha portato all’obbligo di etichettatura per il pollame e la carne bovina ha dimostrato che la trasparenza dell’informazione e la rintracciabilità in etichetta è il miglior modo per garantire i consumatori ed evitare la psicosi nei consumi. Si tratta di una misura importante per la sicurezza alimentare con il moltiplicarsi di emergenze sanitarie che si diffondono rapidamente in tutto il mondo per effetto degli scambi, come nel caso del latte alla melamina proveniente dalla Cina o l’olio di girasole dall’Ucraina.
Il pressing della Coldiretti ha portato all’obbligo di indicare varietà, qualità e provenienza nell’ortofrutta fresca, all’arrivo dal primo gennaio 2004 del codice di identificazione per le uova, all’obbligo di indicare in etichetta, a partire dal primo agosto 2004 il Paese di origine in cui il miele è stato raccolto, dall’obbligo scattato il 7 giugno 2005 di indicare la zona di mungitura o la stalla di provenienza per il latte fresco, all’etichetta del pollo Made in Italy per effetto dell’influenza aviaria dal 17 ottobre 2005 e all’etichettatura di origine per la passata di pomodoro a partire dal 1 gennaio 2008. Ma molto resta ancora da fare e per oltre il 50 per cento della spesa – conclude la Coldiretti – l’etichetta resta anonima per la carne di maiale, coniglio e agnello, per la pasta, le conserve vegetali, ma anche per il latte a lunga conservazione e per i formaggi non a denominazione di origine.