Uno studio su via Turri, via Paradisi, via Veneri, via Sani e viale IV Novembre, a ridosso della “zona stazione ferroviaria” di Reggio Emilia, consente di far luce sulla problematicità di quest’area, caratterizzata dalla massiccia presenza di immigrati, e di comprendere che cosa determina reale insoddisfazione ed insicurezza nei residenti.
Attraverso 12 “testimoni privilegiati” e 285 interviste (94 italiani e 191 persone di origine straniera) il RIMI Lab – Centro di ricerca e interventi di Relazioni Interetniche Multiculturalità Immigrazione dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, diretto dal prof. Dino Giovannini del Dipartimento di Scienze Sociali, Cognitive e Qualitative, si sono studiate le rappresentazioni ed il vissuto delle persone che abitano nella zona, in riferimento al ruolo della coesione sociale, delle amicizie, del vicinato, alla percezione della sicurezza, alla partecipazione sociale ed alle specifiche problematiche dei residenti e degli attori sociali presenti su questo territorio.
I risultati sono riassunti in un rapporto su “Coesione sociale e immigrazione a Reggio Emilia” che sarà presentato lunedì 10 novembre 2008 alle ore 10.00 nell’Aula Magna “P. Manodori” del Complesso universitario ex Caserma Zucchi (viale Allegri 9) a Reggio Emilia, aperto dai saluti del Pro Rettore per la sede d’Ateneo di Reggio Emilia Luigi Grasselli e del Presidente Coopservice Augusto Torreggiani e che verrà concluso dall’intervento di Franco Corradini, Assessore alla Coesione e Sicurezza Sociale del Comune di Reggio Emilia.
“La ricerca internazionale – dice il prof. Dino Giovannini – ha ampiamente dimostrato come la sola componente del rischio di poter essere vittima di un reato non sia sufficiente a spiegare la riduzione della coesione sociale e l’insorgere del sentimento diffuso di insicurezza. La sensazione di disagio sociale sembra crescere piuttosto quando alla percezione del rischio si accompagna il degrado prodotto dalla rottura dei codici tradizionali di convivenza, di comportamento e di cura del territorio”.
Per questo il metodo utilizzato nella ricerca, condotta da Barbara Ferrari, Adil El Marouakhi, Andrea Pintus, Fortuna Procentese e Loris Vezzali con la collaborazione del Centro Interculturale del Comune di Reggio Emilia “Mondinsieme” ed il sostegno finanziario di Coopservice di Reggio Emilia, è stato quello psicosociale, caratterizzato dall’attenzione a tutte le variabili che connotano il “soggetto” studiato e che possono concorrere a determinare situazioni problematiche (dunque una certa sintomatologia).
Diversi sono i fattori che hanno concorso alla scelta di un’analisi approfondita di quest’area: in primo luogo, la presenza straniera (cinesi, marocchini, tunisini, ghanesi in prevalenza) più elevata in queste due circoscrizioni rispetto al resto della città; in secondo luogo, il tema della convivenza tra i residenti italiani e stranieri si interseca con un’ampia serie di problematiche sociali, in parte legate al processo di immigrazione nel tessuto cittadino, primo fra tutti il problema della ricerca dell’abitazione, ma anche a problemi che riguardano il tessuto comunitario locale nel suo complesso, come la pianificazione, la gestione e l’uso degli spazi urbani e dei servizi.
La ricerca si è articolata attraverso tre fasi distinte che hanno riguardato:
– l’analisi dei risultati prodotti dai diversi progetti di studio e ricerca, nonché dai programmi di carattere sociale attivati fino ad oggi
– il lavoro sui contenuti delle interviste effettuate con testimoni privilegiati
– interviste semi-strutturate con questionari compilati attraverso colloqui “de visu” fatte dai ricercatori.
“Va detto subito – commenta il prof. Dino Giovannini – che lo scarso senso di sicurezza degli italiani residenti non è percepito in relazione ad azioni criminali effettive, che sembrano costituire eventi sporadici e soprattutto utilizzati dal mondo mediatico in relazione alla zona per dare maggiore rilievo alla notizia, ma dalla mancanza di regole comuni condivise sia nei condomini sia nei luoghi pubblici e la non conoscenza reciproca. Questa scarsa percezione di sicurezza sembra appartenere più a donne e ad anziani della zona, persone che probabilmente si sentono più deboli e indifese. I comportamenti degli abitanti sembrano di chiusura, accompagnati da un senso di espropriazione e di mancanza di controllo nella loro città. Questa dimensione di insicurezza sembra interessare anche gli immigrati che vivono situazioni di precariato lavorativo e sociale e che non si sentono sufficientemente tutelati. Dunque la scarsa sicurezza nasce da dimensioni più relazionali che di effettiva incidenza di reati”.
Le conclusioni, in parte sorprendenti, anche se confermano i pregiudizi che frenano il dialogo tra i residenti, possono essere riassunte in alcune considerazioni ricavate dai risultati delle interviste:
– gli italiani, rispetto agli stranieri, risiedono mediamente nell’area stazione da un tempo molto più lungo e sono in misura maggiore proprietari dell’abitazione (gli stranieri vivono prevalentemente in affitto)
– gli stranieri hanno più amici nell’area oggetto di studio degli italiani; entrambi i gruppi attribuiscono importanza a tali amicizie. Il ruolo del vicinato è considerato in generale poco rilevante, soprattutto per gli stranieri
– la coesione sociale è mediamente elevata sia per i residenti italiani che per quelli stranieri. Gli italiani, tuttavia, rispetto agli stranieri, sentono di far maggiormente parte dell’area stazione, apprezzano di più la propria abitazione e credono sia più facile partecipare ad attività promosse nella zona
– la sicurezza è mediamente elevata. Tuttavia, i residenti stranieri si sentono più sicuri di quelli italiani, soprattutto nelle ore notturne. I problemi più rilevanti, per entrambi i gruppi, sono quelli legati al degrado urbano, e non quelli relativi alla criminalità
– la soddisfazione per l’area stazione è poco elevata, soprattutto per gli italiani
– gli italiani sono maggiormente consapevoli del ruolo svolto dai mass media nel fornire notizie relative alla zona considerata
– sia gli italiani sia, soprattutto, gli stranieri, vorrebbero trasferirsi dall’area stazione
– la qualità della vita percepita è maggiore per gli italiani che per gli stranieri.
“I risultati di questa approfondita ricerca – commenta il Pro Rettore prof. Luigi Grasselli – credo introducano importanti motivi di riflessione per le Istituzioni locali, impegnate in uno sforzo di integrazione e mediazione che presenta carattere di grande problematicità. Da questo punto di vista è essenziale, ai fini della comprensione di fenomeni complessi come quelli della coesione e dell’immigrazione e non solo, come dimostra il lavoro fatto da RIMI Lab, l’azione di affiancamento dell’Università, che può offrire competenze e contributi qualificati per superare situazioni di frattura o di crisi”.