Stiamo vivendo un momento storico. C’è un ragazzo che non ha ancora compiuto cinquant’anni, afro-americano, che ha girato il mondo fin da piccolo seguendo la sua famiglia, che ha perso la nonna proprio qualche ora prima del giorno più importante della sua vita, che ha saputo riemergere da sconfitte e delusioni e che ha dimostrato di essere un trascinatore affascinante: oggi quel ragazzo, dopo aver attraversato a piedi le notti di tante sconfitte, ha scritto una pagina di storia impensabile.
No, non sto esagerando, è proprio un momento storico quello di questo 4 novembre 2008. La vittoria di Barack Obama, primo inquilino di colore della Casa Bianca – che sembrava incredibile quando dall’Illinois partì la lunga corsa del senatore di Chicago – è ormai realtà.
Ricordo i racconti che parlavano di quel Ministro della difesa americano, che negli anni ’60, per far iscrivere un ragazzo di colore all’università nel sud razzista degli States, aveva dovuto far schierare l’esercito. Addirittura l’esercito per consentire a un ragazzo nero di iscriversi all’università: quel Ministro si chiamava Bob Kennedy. E mi viene da pensare a quell’episodio proprio ora che un uomo di colore è diventato il comandante in capo di quell’esercito.
Obama tuttavia non è solo una positiva novità politica per la sua etnia e per il colore della sua pelle, che come lui stesso ha dichiarato è sempre stata troppo chiara per i neri e troppo scura per i bianchi. Ce lo siamo detti tante volte in questa lunga campagna elettorale: egli ha saputo riportare in questi mesi la parola speranza, la parola passione, la parola cambiamento nel vocabolario di una politica americana (e non solo) spesso stanca e arida. E la sfida che lo attende sarà una di quelle che fanno tremare le gambe: rimettere in moto l’America come guida dell’economia mondiale e come punto di riferimento della politica internazionale.
Grazie a Barack per le emozioni e l’iniezione di fiducia che ha saputo infondere in un momento nel quale – vista la complessa situazione sociale ed economica (in America come in Europa) occorre trattare di temi concreti; per la straordinaria prova di vitalità che la democrazia americana ha dato al mondo intero con una larga partecipazione alle primarie prima (strumento che se usato in maniera adeguata dimostra i suoi frutti) ed alle elezioni dopo.
L’America volta pagina ed in uno dei momenti più difficili della storia lo fa affidandosi ad un Democratico. A Barack Obama spetta adesso il compito più duro ed a noi la certezza che la politica quando è fatta con passione, entusiasmo, ideali, voglia di mettersi al servizio delle idee in cui si crede è ancora qualcosa di positivo capace di smuovere e coinvolgere donne, uomini, giovani meno giovani e di vincere sfide difficili, se non impossibili, in partenza.
Buon lavoro Barack.
(Commento personale del segretario cittadino PD Alessio Pecoraro)