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Immigrati, Caritas: 4 milioni gli stranieri in Italia

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“Sono le politiche di integrazione il vero banco di prova degli interventi governativi in questo settore”. E’ quanto sottolinea la Caritas, presentando i numeri contenuti nel XVIII Rapporto “Immigrazione: dossier statistico 2008”, curato con l’associazione Migrantes, dal significativo titolo ‘Lungo le strade del futuro’.

Per la Caritas – che registra circa 4 milioni di presenze straniere in Italia – è “indispensabile una mentalità più inclusiva e capace di guardare gli immigrati non come gli ‘altri’, i diversi, gli estranei, i devianti, bensì come nuovi cittadini, compagni di strada in grado di fornire un nuovo apporto al nostro sviluppo”.

Come più volte sottolineato dalla Chiesa cattolica, si ricorda, “l’immigrazione può apportare notevoli potenzialità allo sviluppo locale, ma richiede attenzione e accoglienza, in un quadro certo di diritti e di doveri”. La Caritas rileva che “il nodo centrale è la mancata percezione dell’immigrazione come fenomeno strutturale, destinato a incidere sempre più in profondità sulla società”.

In tal senso, “è auspicabile il superamento del ‘complesso di Penelope’, che porta lo schieramento politico maggioritario a disfare quanto fatto in precedenza, senza che così possa nascere un minimo comune denominatore, libero da logiche ideologiche o partitiche”. Si tratta, infatti, di “un fenomeno non regolabile unicamente sulla base delle esigenze congiunturali del mondo del lavoro; non affrontabile con un mero atteggiamento di chiusura; e non inquadrabile unicamente nelle esigenze di ordine pubblico. E’ la logica dei numeri a esigere un cambiamento di mentalità e l’adozione di politiche realistiche e più aperte, superando l’avversione aprioristica verso la diversità degli immigrati per colore, cultura, religione”.
Passando ai numeri contenuti nel Rapporto Caritas sull’immigrazione, il dossier accredita una cifra superiore rispetto a quella indicata dall’Istat, tenendo conto delle presenze anche al di là dell’ottenimento della residenza. Il numero oscilla fra 3,8 e 4 milioni su una popolazione complessiva di 59,6 milioni di abitanti in Italia, con un’incidenza del 6,7% leggermente al di sopra del 6% che è la media in Unione europea. La prima collettività, raddoppiata negli ultimi due anni, è quella dei rumeni con 625.000 presenze, seguita dagli albanesi con 402.000, dai marocchini con 366.000, dai cinesi con 157.000, dagli ucraini con 133.000 (ma ben l’80,4% sono donne) e dai filippini con 106.000 residenti nel nostro Paese. Seguono, al di sotto delle centomila unità, nell’ordine tunisini, polacchi, macedoni, indiani, ecuadoriani, peruviani, egiziani, moldavi, serbi, senegalesi, cingalesi, bengalesi, pachistani e nigeriani. La divisione per continenti, vede gli europei al 52%, gli africani al 23%, gli asiatici al 16% e gli americani al 9% con un’irrilevante quota di australiani. Per quanto riguarda, poi, la loro diffusione in Italia, la massima concentrazione si rileva al Nord, dove lavorano due immigrati su tre; il caso limite si registra a Brescia dove un lavoratore ogni cinque occupati è straniero. “In Italia è enormemente diffuso il mercato del lavoro nero – rileva la Caritas – non solo presso le famiglie ma anche nelle aziende, con un’ampiezza sconosciuta negli altri Paesi industrializzati”.

Oltre 1,5 milioni i lavoratori ufficiali, con un’incidenza sul totale che in diversi comparti supera il 10% del totale. La dimensione strutturale riscontra un’incidenza delle donne diventata ormai paritaria rispetto a quella maschile, un carattere sempre più familiare dell’insediamento, un peso crescente dei minori e delle seconde generazioni nate in Italia e dunque ‘straniere’ solo dal punto di vista giuridico, un persistente bisogno di manodopera aggiuntiva, una pluralità di Paesi d’origine e conseguentemente di tradizioni culturali e religiose.
Aumentano gli studenti, ma si concentrano nelle scuole elementari e medie e, per le superiori, nel ramo tecnico-professionale.

Gli occupati nell’agricoltura (7,3%) e nei servizi (53,8%) nell’ultimo triennio è aumentata di due punti percentuali a scapito degli occupati nell’industria (35,3%).

Il reddito medio non è certo elevato, pari a circa 900 euro netti al mese ma comunque considerato dagli immigrati “soddisfacente”, con consumi destinati in prevalenza a soddisfare soltanto i bisogni di base. Di contro, il gettito fiscale ha consentito alle casse pubbliche di incassare oltre 3,7 miliardi di euro mentre gli immigrati hanno concorso per circa il 9% alla formazione del pil, il prodotto interno lordo che misura la ‘ricchezza’ del Paese.
Gli immigrati sono una popolazione ‘giovane’ rispetto alla media italiana: l’80% ha meno di 45 anni e sono pochi coloro che superano i 55 anni. Inoltre, il tasso di fecondità delle donne straniere è esattamente il doppio di quello delle italiane con 2,51 figli contro 1,26 figli in media, “in grado di assicurare il ricambio della popolazione”.
L’incidenza della criminalità straniera è passata nell’ultimo quinquennio dal 17,4% al 23,7% con una presenza regolare raddoppiata.

Chi delinque va condannato e punito – afferma la Caritas – ma in un’ottica di rieducazione e senza forme discriminatorie. La cultura della legalità non è la mera risultante di interventi repressivi ma abbisogna di politiche sociali inclusive. Prevenzione e integrazione devono andare di pari passo”.

Fonte: Adnkronos