I genitori devono mantenere i figli se questi si licenziano per riprendere gli studi e seguire le loro ‘aspirazioni’. La Cassazione ha confermato il dovere di un padre di mantenere il figlio ventenne che aveva lasciato un impiego come di disossatore di carni per un corso da parrucchiere.
La madre aveva chiesto all’ex marito 300 euro al mese e metà delle spese extra. Il padre era ricorso contro la ripresa dell’obbligo, ma la Cassazione ha confermato la sentenza della Corte d’appello di Bologna che aveva rigettato il ricorso del padre di Modena.
I giudici del merito avevano infatti ritenuto “del tutto legittima” la coltivazione da parte del giovane di “aspirazioni lavorative più consone alle sue inclinazioni” e che non fosse configurabile “qualsivoglia atteggiamento di colpevole e successiva inerzia del ragazzo o ingiustificato rifiuto di un lavoro nella scelta di privilegiare la frequenza di un corso”.
Per la Suprema Corte il ricorso del padre va rigettato alla luce dell’articolo 147 del codice civile (inerente i doveri verso i figli) che coniuga “l’obbligo di mantenimento” con quello di “tener conto delle capacità, delle inclinazioni naturali e delle aspirazioni” dei figli.
Tale “coniugazione – rilevano i giudici – finisce del tutto svuotata allorchè, come nella prospettiva prescelta dal ricorrente, la si pretende automaticamente paralizzata e risolta non appena il figlio, benchè ancora adolescente, si accontenti di uno sbocco lavorativo qualsiasi anche se scarsamente appetito nella stagione adolescenziale in quanto privo di prospettive di sviluppo”, essendo invece questo obbligo “chiamato ad esprimersi finchè le caratteristiche d’età del figlio, benchè maggiorenne, si rendano compatibili con ansie di cambiamento e di accrescimento professionale e culturale”.