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Indagine Cna sulla tariffa rifiuti nel modenese

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I rifiuti urbani rappresentano senza dubbio un tema di grande attualità, sia a livello nazionale – è appena il caso di ricordare le purtroppo note vicende napoletane – sia a livello locale, dove spesso vengono denunciati i livelli eccessivi dei costi di smaltimento e le problematiche legate a discariche ed inceneritori. Sicuramente quello dei rifiuti è un problema che merita un’analisi attenta, non fosse altro perché il costo dello smaltimento rifiuti è a metà del guado di un processo che prevede la trasformazione da tassa in tariffa.


Cna Modena ha tentato di dare il suo contributo in questa direzione analizzando i costi della tariffa in diversi comuni della provincia in relazione alla dimensione, al posizionamento geografico, alle società di gestione del servizio e alle percentuali di raccolta differenziata. Ne è emerso un quadro piuttosto eterogeneo, con differenze molto eclatanti a volte difficilmente giustificabili, sia per quanto riguarda le tariffe applicate alle attività produttive, sia per ciò che concerne i costi gravanti sui cittadini.

Innanzitutto una premessa, utile per una corretta informazione: la TIA (Tariffa di Igiene Ambientale), è entrata in vigore grazie al Decreto Ronchi, che prevede la trasformazione della vecchia tassa in una tariffa in grado di coprire interamente i costi del servizio pagati dalle amministrazioni locali. La differenza principale tra l’attuale TIA rispetto alla vecchia TARSU risiede nel metodo di calcolo: esso, oltre all’utilizzo di dati fissi come la superficie dell’immobile, utilizza anche dati variabili, come il numero degli occupanti dell’immobile, nel caso degli immobili civili, o l’attività produttiva per quelli economici.
Questo metodo dovrebbe quindi assicurare una distribuzione più uniforme dei pagamenti, avvantaggiando le famiglie a maggior numero di componenti e con immobili di dimensioni ridotte. Dovrebbe, perché in realtà l’indagine rivela una realtà molto diversa.

Concentrandoci sui costi pagati dalle attività economiche si evidenziano differenze notevoli. E’ il caso, ad esempio, delle attività artigiane nei comuni di Fiorano e Formigine: nella prima, il costo dello smaltimento dei rifiuti è di 1,34 euro al mq, nella seconda è di 4,20 euro, circa il 213% in più. Tradotto in soldoni, significa che il titolare di un’impresa artigiana che occupa un capannone di 1.000 metri quadri paga 1.340 euro di smaltimento rifiuti all’anno, mentre dall’altra parte della strada, nel comune di Formigine, ne paga 4.200. E questo a parità di società che eroga il servizio, nel caso specifico Sat.
Sempre nell’area delle ceramiche, spicca la differenza di costi pagati tra un bar a Fiorano (8,50 euro a mq), e, ancora, a Formigine (15,04 euro).
O, ancora se, un ristorante/trattoria di Maranello spende 18,12 euro al mq, a Novi lo stesso ristorante spende al mq 5,65 euro.
All’interno dello steso comune colpisce la disparità tra costo delle attività artigianali ed industriali: è il caso di Concordia, dove i primi pagano 2,25 euro di smaltimento a metro quadro contro l’1,47 dei secondi (cioè oltre il 53% in più).
A tutte queste tariffe va poi aggiunta l’addizionale provinciale per un ulteriore 5%.

E, dato che gli imprenditori sono anche cittadini, Cna si è presa la briga di andare a verificare anche i costi della TIA per i cittadini (iva al 10% compresa, visto che in questo caso si tratta di un’imposta indetraibile), calcolando la variazione della tariffa per numero di inquilini di un appartamento di 100 mq.
Un’indagine che ha permesso di scoprire come a Carpi una famiglia di due persone spenda 158,92 euro, mentre a Novi 144,43 euro, ovvero il 10% in più. Nonostante che la società erogatrice del servizio sia la stessa – Aimag – e che a Novi la raccolta differenziata, più costosa di quella “normale”, sia al 54,9% contro il 43% della città dei Pio. La stessa considerazione vale se mettiamo a confronto Carpi con Soliera la cui differenza di costi si aggira intorno ai 54 euro a discapito della prima, corrispondente al 37%.
Analogamente per Formigine e Maranello: nella prima una famiglia composta da due persone spende 202,01 euro, con una percentuale di raccolta differenziata del 51,5%, mentre nella seconda la stessa famiglia spende 144,55 con una raccolta differenziata del 52,3%. La differenza è di ben 57,46 euro, in percentuale circa il 39,75% di differenza che appare dunque ingiustificata, ricordando anche che il gestore è il medesimo (SAT).
Sulla base di questi calcoli il comune più economico è Bomporto, servito da Hera e con il 38,3% di raccolta differenziata, eccezion fatta per una famiglia di tre persone, che risparmierebbe, invece, abitando in quel di Soliera.
I Comuni più cari, invece, sono quelli serviti da Sat, in particolare Formigine – di cui abbiamo visto gli elevati costi anche per ciò che riguarda le attività economiche – per le famiglie piccole, Sassuolo per i nuclei di 3 e 4 persone, e Serramazzoni per le grandi famiglie (5, 6 persone).

Occorre premettere che, in ogni caso, la differenza di tariffa fra Comuni può essere determinata dalla diverse modalità di gestione del servizio, dalle caratteristiche del territorio (ad es. elevato numero di frazioni servite o estensione del centro storico), dalla tipologia del servizio (es. numero di isole ecologiche o tipo di raccolta differenziata), nonché dalla quantità delle superfici, su cui viene calcolata la tariffa.
Tuttavia, i dati dimostrano che in molti casi gli obiettivi previsti dalla trasformazione della tassa in tariffa non sono stati raggiunti. Soprattutto, si evidenzia una notevole differenziazione nella fissazione delle tariffe da un comune all’altro. Una situazione sulla quale secondo Cna occorre intervenire con un’azione di omologazione tra comuni limitrofi, spesso caratterizzati da raccolte differenziate simili e dalla presenza della stessa società erogatrice di servizio.
Occorre, cioè, ragionare in termini di area, per realizzare, nell’arco di 3/5 annui, un’omogeneizzazione delle tariffe tra comuni limitrofi.
E’ evidente che esisteranno sempre differenze tra un comune e l’altro, ma si dovrà puntare a divergenze massime dell’ordine del 30%.

Esiste, poi, un problema di uniformazione anche sul versante delle agevolazioni previste per le imprese. Non è accettabile, infatti, che imprese operanti nello stesso settore abbiano riduzioni anche notevoli differenti da amministrazione ed amministrazione, come avviene, tanto per fare un esempio, nel caso dei gommisti.
Ma, secondo Cna, ciò che è sta alla base di ogni intervento è la trasparenza. Sarebbe necessario, infatti, in occasione dell’annuale discussione sulle tariffe, conoscere i costi analitici del servizio, quante sono le superfici su cui viene calcolata, come viene suddivisa fra utenze domestiche e non. In sostanza, dovrebbe essere possibile esaminare il dettaglio del piano finanziario che sta alla base della determinazione delle tariffe. Un diritto, più che un’opzione, spettante a tutti i cittadini per poter valutare la congruità delle tariffe pagate.