“Saranno le donne a pagare il costo più alto della pandemia, specie se lavoratrici madri. Per questo servono misure urgenti per rilanciare il lavoro femminile e sostenere i genitori nei compiti di cura. Se, da un lato, necessitano servizi più vicini alle esigenze delle famiglie, dall’altro lato, attraverso la contrattazione, specie quella di secondo livello, è indispensabile favorire forme di organizzazione del lavoro più flessibili.
Per questo abbiamo elaborato una serie di proposte sul tema della conciliazione e dell’occupazione femminile, anche in termini di qualità del lavoro, che nei giorni scorsi abbiamo consegnato all’assessora regionale alle Pari opportunità, Barbara Lori, alla Commissione per la parità e alla Commissione politiche economiche dell’Assemblea legislativa”.
E’ l’allarme lanciato dal segretario generale regionale della Cisl Filippo Pieri dopo che l’analisi dei dati della relazione annuale dell’Ispettorato nazionale del lavoro ha messo in evidenza come anche in questa regione sia difficile conciliare lavoro e famiglia, soprattutto dopo essere diventati genitori e, in particolare, dopo essere diventate madri.
“Tra le numerose proposte contenute nel documento Cisl che abbiamo presentato in Regione – sottolinea Orietta Ruccolo, componente della Segreteria regionale Cisl – alcune, specie se calate nel momento che stiamo attraversando, assumono un’importanza strategica anche in termini di immediata risposta agli strali della pandemia: il welfare integrato, pubblico e aziendale, da realizzarsi attraverso l’interazione della contrattazione sociale territoriale e della contrattazione aziendale; i congedi, straordinari Covid e parentali, per i quali sarà necessario prevedere interventi integrativi in termini di durata e indennizzo, anche di premialità per l’utilizzo da parte dei papà, configurandosi così come misura utile al riequilibrio del carico di cura tra genitori. Inoltre, sul tema del lavoro agile (smart working) siamo convinti che ricondurlo nell’alveo della contrattazione, in fase di ritorno alla normalità, potrà risolvere quelle criticità che sono emerse in questo periodo di emergenza, aumentando così la partecipazione dei lavoratori e definendo obiettivi e limiti. Nello stesso tempo, dobbiamo anche aumentare gli sforzi su quei percorsi non ancora interamente realizzati, come ad esempio la piena condivisione dei compiti di cura tra uomini e donne, e l’armonizzazione dei tempi e orari delle città, dando attuazione, in questo specifico ambito, a previsioni normative nazionali e regionali”.
Motivazioni che trovano un valido fondamento nei numeri. Difatti, in Emilia Romagna, nel 2019, le dimissioni convalidate a genitori sono state ben 5.447 (5.184 nel 2018), di cui 1.879 hanno riguardato lavoratori padri (erano 1.833 nel 2018) e ben 3568 lavoratrici madri (erano 3305 nel 2018). “Situazione che inevitabilmente – prosegue Orietta Ruccolo – potrà portare nel 2020 ad una sensibile crescita a causa della chiusura dei centri per gli anziani, per i disabili, delle scuole e dei servizi educativi durante il lockdown”.
Nel 65,5 per cento dei casi sono le madri lavoratrici a rinunciare al posto di lavoro, concentrate nella fascia di età 29-44 anni; in gran parte con un lavoro nel terziario e con un’anzianità di servizio che in più delle metà dei casi è inferiore ai 3 anni. Fra le motivazioni delle dimissioni o risoluzioni consensuali addotte da lavoratrici e lavoratori la più ricorrente è rimasta la difficoltà di conciliare l’occupazione lavorativa con le esigenze di cura della prole (35 per cento dei casi), l’assenza di parenti di supporto (27 per cento), i costi elevati di assistenza al neonato (nido o baby sitter).
Mentre, se si amplia lo sguardo a livello nazionale, si nota come nel corso del 2019 siano stati emessi complessivamente 51.558 provvedimenti di convalida da parte dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro e delle sue articolazioni sul territorio, in numero leggermente superiore (+ 4%) rispetto al 2018. Anche qui, con la maggior parte dei provvedimenti (circa il 73%) che ha riguardato in particolare le lavoratrici madri (37.611).
“Assurdo constatare come la maternità, pur essendo tutelata dalla legge, rimanga una delle cause principali di allontanamento delle donne dal mondo del lavoro. Dati – conclude Pieri – che devono far riflettere e, soprattutto, devono obbligare le istituzioni a fare molto di più, anche perché – e non era difficile da prevedere – le prime proiezioni del 2020 dicono che saranno proprio le donne, soprattutto le donne madri, a pagare il prezzo più alto della pandemia da Covid. Per scongiurare questo pericolo, dobbiamo fare tutti di più e meglio, sapendo che il lavoro rimane il primo diritto di cittadinanza e di emancipazione da conquistare”.