Anche in Emilia-Romagna è difficile conciliare lavoro e famiglia, soprattutto dopo essere diventati genitori. L’assenza di parenti che possano dare una mano, i costi di asilo nido e baby sitter, gli orari di lavoro e la distanza dal luogo di lavoro spingono molte persone a lasciare l’occupazione.
Lo conferma la relazione annuale 2018 sulle convalide delle dimissioni e risoluzioni consensuali delle lavoratrici madri e dei lavoratori padri, presentata dall’Ispettorato nazionale del lavoro e analizzata dalla Cisl Emilia Centrale. L’anno scorso in Italia sono state 49.451 (+24% rispetto al 2017) le convalide delle dimissioni e risoluzioni consensuali ai sensi dell’art. 55 del dlgs. n. 151/2001 (Testo unico sul sostegno e tutela alla maternità e paternità). In Emilia-Romagna sono state registrate 5.184 convalide, 965 in più rispetto al 2017.
«Le dimissioni entro i tre anni del bambino sono protette, cioè sottoposte al vaglio degli ispettori dei lavoro che verificano la volontarietà della decisione della lavoratrice o lavoratore – spiega Rosamaria Papaleo, componente della segretaria Cisl Emila Centrale – Questo permette di contrastare il fenomeno delle dimissioni in “bianco” delle donne, un tempo molto più diffuso, anche perché non tutte le lavoratrici erano adeguatamente informare sui loro diritti. Detto questo, però, è chiaro che se le convalide aumentano significa che le politiche, sia pubbliche che aziendali, non sempre permettono ai genitori di dedicarsi serenamente al lavoro e alla famiglia. Quindi bisogna cambiarle, anche attraverso la contrattazione di secondo livello».
Dall’analisi dei dati dell’Ispettorato nazionale del lavoro emerge che nel 73% dei casi a rinunciare al posto sono le lavoratrici madri ma, a sorpresa, aumenta anche il numero dei padri che lasciano il lavoro dopo un figlio; nel 2018 in Emilia-Romagna sono stati 1.833 (+36% rispetto all’anno precedente).
Una delle cause principali delle dimissioni è il mancato accoglimento delle richieste di part time o flessibilità, concesse solo in un caso su cinque (nel 2017 erano uno su tre).
«Il calo demografico è conseguenza di questa situazione – sottolinea Papaleo – Non facciamo più figli perché non possiamo permetterci di abbandonare il lavoro. Bisogna tutelare il desiderio di maternità e paternità delle persone rimuovendo tutti gli ostacoli, economici e normativi, ancora esistenti.
Anche le aziende devono evolvere culturalmente. Un genitore che non ha problemi nella cura della prole, lavora meglio e produce di più.
Purtroppo il governo attuale, in controtendenza rispetto ai governi precedenti, nella legge di Bilancio ha rimandato a un futuro indefinito iniziative strutturali in grado di offrire un reale sostegno a quei cittadini che, continuando di fatto a contare solo sulle proprie forze, mettono al mondo dei figli, compiendo sul fronte personale – conclude la segretaria della Cisl Emilia Centrale – un gesto tanto naturale quanto coraggioso e, nella sfera sociale, di grande responsabilità civile».