Con “Ida” del regista polacco Pawel Pawlikowski – uno dei film più premiati della stagione, vincitore tra gli altri dell’Oscar 2015 e del Golden Globe come miglior film straniero – continua domani sera martedì 28 aprile alle ore 21.00 alla Sala Troisi di Nonantola la 9^ edizione del Nonantola Film Festival, la 9^ edizione del Nonantola Film Festival, organizzato dall’omonima Associazione affiliata Arci. Ingresso gratuito.
La vicenda si svolge all’inizio degli anni ’60, nella grigia e soffocante Polonia dove vige stabilmente il regime comunista. Anna è una giovane novizia in attesa di diventare suora a tutti gli effetti. Vive serenamente in un convento isolato dove, essendo orfana, è stata portata in tenerissima età, durante la II Guerra Mondiale. Poche settimane prima di prendere i voti, invitata insistentemente dalla Madre Superiora, si reca a Varsavia per incontrare la sua unica parente conosciuta, la zia Wanda, che, durante il passato, non si è mai messa in contatto con lei. Quando arriva nell’appartamento della zia, si trova di fronte una cinquantenne single, intellettuale elegante e disinvolta, ma visibilmente disillusa, al limite del cinismo. Wanda appartiene all’elite del regime, essendo un magistrato, con un passato di combattente nella Resistenza antinazista e di militante del partito. È una donna che nasconde una grande sofferenza, compensando con un’attiva vita sessuale con vari partner e con il consumo di alcoolici. In breve racconta ad Anna una tremenda verità familiare…
Pawlikowski, regista polacco radicato in Inghilterra, conferma la sua squisita capacità di descrivere la psicologia femminile, come già nei suoi film precedenti, inediti in Italia: “My Summer of Love” e “Last Resort”. Costruisce uno straordinario dramma intimo, esplorando le contraddizioni della fede e della vita laica, ma anche i tragici retaggi, ancora presenti, dell’antisemitismo, in una epoca cruciale della storia del suo Paese. Il suo stile assolutamente privo di retorica, essenziale e ricco di tristi e genuinamente commoventi toni poetici, ricorda sia l’austerità di Robert Bresson, sia la problematicità dei primi film di Polanski e di quelli di Kieslowski. La scelta di girare in un vibrante bianco e nero, con una squisita composizione delle inquadrature, conferisce ulteriore credibilità alla storia. Le due magnifiche interpreti rivelano molto più di quello che mostrano.
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