L’intervento del Presidente dell’Associzione tra i familiari
delle vittime della strage alla stazione di Bologna, Paolo Bolognesi tenuto
in Piazzale Medaglie d’Oro, in occasione della commemorazione del 32°
anniversario della strage alla stazione del 2 agosto 1980.
“All’inizio si parlò di una caldaia, ma quello che successe il 2 agosto
1980 alle ore 10,25,fu chiaro da subito ai bolognesi, che sei anni prima,
avevano vissuto la strage dell’Italicus. Si trattava di una bomba, una
bomba fascista.
Un altro spaventoso atto di terrorismo, il più devastante, il più vile: 85
morti e 200 feriti; un sabato che doveva essere di vacanza, trasformato in
un’apocalisse di sangue, in un massacro di innocenti.
Ma anche questa volta Bologna, per quanto colpita, sa stare in piedi e,
con uno spirito di solidarietà eccezionale e commovente, dimostra a tutti,
e per primo ai vigliacchi che hanno voluto ed eseguito quel massacro, la
sua testarda voglia di civiltà. Quel giorno medici, infermieri, ferrovieri,
vigili del fuoco, in un clima surreale di pietà e rabbia, in silenzio hanno
lavorato ben oltre le ore dei singoli turni. Semplici cittadini volontari e
giovani militari di leva sono accorsi in stazione per liberare i feriti
sepolti dai calcinacci, per estrarre da quell’inferno piccoli corpicini
senza vita che sembravano bambole, ma erano esseri umani. In certi momenti, di fronte alle infinite urgenze e alle scene devastanti, molti soccorritori non riuscivano a nascondere la commozione e a reprimere i singhiozzi, ma hanno continuato ad aiutare e ad aiutarci.
Sappiamo che molti sono fra voi e vogliamo ancora, per questo, dirvi
grazie.
Quel giorno nessuno era preparato a fare quello che ha fatto, ma nessuno si
è tirato indietro. E quella determinazione, quella dignitosa fermezza ci è
stata d’esempio e di sprone per costituirci in Associazione, per ricercare,
ottenere, uniti, giustizia e verità per i nostri cari.
Dopo anni di indagini e processi, grazie al lavoro di forze dell’ordine
fedeli alla Costituzione, di magistrati e al sostegno di una società civile
che è sempre stata al nostro fianco, possiamo oggi in questa piazza gridare
alcuni dei nomi di coloro che hanno causato la strage più infame della
storia del nostro Paese. Gli esecutori materiali sono: i terroristi
fascisti Francesca Mambro, Valerio Fioravanti e Luigi Ciavardini; I
colpevoli di depistaggio sono: il Gran Maestro della Loggia Massonica P2
Licio Gelli, il faccendiere Francesco Pazienza, i vertici del SISMI
(Servizio Segreto Militare) iscritti alla Loggia P2 generale Pietro
Musumeci e colonnello Giuseppe Belmonte. Il generale Santovito direttore
del SISMI non fu condannato perché deceduto durante il procedimento.
Costoro, però, sono tutti, da tempo, in libertà. Per quanto riguarda gli
esecutori materiali della strage alla stazione, che sono gli ergastolani
più agevolati nella storia criminale del nostro Paese, assistiamo da tempo
ad un vero e proprio trionfo dei carnefici. Come se non bastasse il doverli
incontrare liberi per le strade di Roma ormai da quasi quindici anni, dopo
aver scontato solo due mesi per ogni morto assassinato, Valerio Fioravanti,
quest’anno, è diventato il protagonista di un docufilm per la regia di
Francesco Patierno. Ancora una volta, dunque, un feroce assassino viene
esibito come una star e non come il capo di una feroce organizzazione
terroristica, che aveva come specialità quella di massacrare persone
disarmate e indifese, in alcuni casi persino ignari passanti, a cominciare
da Roberto Scialabba, colpevole di avere i capelli troppo lunghi, che prima
Fioravanti fece cadere a terra ferito, poi gli salì addosso a cavalcioni
per finirlo con un colpo in testa. Una incredibile ambiguità della memoria
porta a creare cinque libri e un film innocentisti e perdonisti, in pochi
anni ,a beneficio di Valerio Fioravanti. Per le vittime , l’oblio, come ci
ricorda il bravo e coraggioso giornalista Mario Adinolfi. Nessun film su
Antonio Leandri, impiegato venticinquenne ucciso da Fioravanti, nessun dvd
per Maurizio Arnesano, che aveva diciannove anni e pagò con la vita la
colpa di essere un poliziotto e avere un mitra che piaceva a Fioravanti.
Nessun regista che racconti di Mario Amato, eroico magistrato lasciato solo
ad indagare sui rapporti tra eversione neofascista e settori deviati dello
Stato.
Ma qualcuno che ricorda ancora c’è, ha però ben altra pubblicità. Lo
scorso settembre, Enzo De Camillis ha girato un breve cortometraggio sulla
storia di Alessandro Caravillani, studente di diciassette anni, ucciso
durante una rapina da Francesca Mambro , che per quel delitto si guadagnò
il suo nono ergastolo. Ebbene, a meno di tre mesi dall’uscita di questa
pellicola intitolata “Uno studente di nome Alessandro”, la Mambro, tramite
azione legale, ha avanzato la richiesta di sequestro del film perché questo
avrebbe leso la sua immagine.
La memoria dei fatti lede l’immagine di un’assassina condannata assieme al
marito per l’uccisione di 98 persone! Francesca Mambro nel settembre 2013
sarà eleggibile in Parlamento? E’ forse in vista di una futura carriera
politica, come noi paventiamo da anni, che Francesca Mambro si preoccupa
della sua immagine? Ma quale immagine vuole difendere questa assassina e
stragista?
Dobbiamo essere vigili. Questa inquietante vicenda è emblematica di quanto
la memoria storica del nostro Paese faccia ancora paura e di quanto si
cerchi di seppellire nell’oblio le vicende politicamente più scomode.
La memoria di questi fatti è invece da sempre una delle nostre principali
battaglie. In questa direzione abbiamo raccolto le firme per l’abolizione
del segreto di Stato per i reati di terrorismo e strage, per questo
insistiamo sulla necessità di rendere facilmente consultabili i documenti
degli archivi di Stato; in questo senso va letta la nostra iniziativa con
il Tribunale di Bologna per la digitalizzazione di tutti i documenti dei
processi di eversione tenuti a Bologna. Lo stesso si sta facendo in molte
città italiane affinché una grande banca dati permetta agli studiosi di
analizzare l’imponente mole di carte giudiziarie, relative ai processi per
terrorismo.
I terroristi e i loro fiancheggiatori e sponsor, spesso di altissimo
livello istituzionale, come nel caso di chi sostiene e continua a
proteggere gli esecutori materiali della strage di Bologna, avanzano, in
modo sempre più subdolo e sfacciato allo stesso tempo, la pretesa del
diritto all’oblio di fatti scomodi, con le tecniche collaudate della
mistificazione e del depistaggio.
L’ultimo, ma non nuovo, tentativo di depistaggio sulla matrice
dell’attentato del 2 agosto, ha rispolverato l’inconsistente pista
teutonico-palestinese che, come tutte le piste internazionali care al capo
della Loggia Massonica P2 Licio Gelli, si è rivelata un ennesimo tentativo
di confondere le acque. Il suo più acceso sostenitore, l’Onorevole Enzo
Raisi, per scagionare i suoi protetti, Francesca Mambro e Valerio
Fioravanti, non si è fatto scrupolo di insinuare che l’esecutore materiale
della strage potrebbe essere stata una delle vittime: Mauro Di Vittorio.
Poi, tramite la stampa, ha aggiunto di non voler attribuire al 24enne,
morto nell’esplosione, la responsabilità, ma ha sollecitato la Magistratura
a ripetere accertamenti già fatti. Di Vittorio non era da anni un attivista
politico perché, rimasto orfano di padre, aveva dovuto provvedere alle
necessità economiche della sua famiglia. E possiamo rispondere alla domanda
di Raisi. Quando chiede perché era a Bologna il giorno in cui è stato
massacrato, gli facciamo sapere, come del resto riportato dalla stampa
nell’agosto del 1980, che era di rientro dalla Gran Bretagna, dove gli era
stato rifiutato l’ingresso a causa della mancanza di un’occupazione stabile
in quel Paese. Quell’estate, poi, Di Vittorio, non era stato solo a Parigi,
come continua a sottolineare Raisi volendolo forse mettere in relazione a
Carlos (ma il terrorista Carlos aveva lasciato la capitale francese nel
1975), ma anche a Friburgo, dov’era arrivato con un amico e dove le loro
strade si separarono. Cosa faceva in giro per l’Europa? Cercava lavoro. Al
contrario di quello che sostengono coloro che vogliono gettare confusione
sulla strage alla stazione di Bologna. Le risposte a certe domande ci sono
già tutte, basterebbe cercarle.
Invece si assiste al tentativo postumo di riesumare una pista rossa, già
tentata in tutte le altre stragi che hanno insanguinato il nostro Paese,
tentativo già messo in atto il 2 agosto del 1980 dal quotidiano l’Occhio
diretto da Maurizio Costanzo il cui nome compariva tra gli iscritti alla
Loggia Massonica P2.
Questo squallido comportamento merita solo disprezzo, tanto più quando
viene attuato da un parlamentare della Repubblica, che dovrebbe avere a
cuore ben altri interessi che la tutela dei due stragisti pluriomicidi.
L’attività parlamentare dell’Onorevole Enzo Raisi sembra limitata e
focalizzata nel tentativo di riabilitare i neofascisti Mambro e Fioravanti,
eppure il lauto stipendio che percepisce dovrebbe essere finalizzato a
soddisfare gli interessi dei cittadini onesti. Se proprio vuole mettere in
discussione sentenze passate in giudicato, ci chiediamo per esempio perché
non si occupi di quella relativa all’omicidio di Piersanti Mattarella, il
presidente della Regione Sicilia che voleva riformare la Dc dell’isola
allontanando da essa la mafia, delitto ad oggi rimasto impunito. La moglie
di Mattarella era con suo marito al momento dell’attentato, guardò in
faccia l’assassino mentre lo uccideva, gli parlò. Al processo riconobbe
Fioravanti come il killer di suo marito, ma Fioravanti stranamente è andato
assolto. Era il 1980.
Oppure il caso Ciavardini che condannato per rapina alla vigilia della
sentenza di Cassazione in cui è stato condannato per la strage, venne
stranamente prosciolto in appello perché le prove a suo carico, una sua
impronta digitale, non venne ritenuta sufficiente a condannarlo.
Potrebbe anche analizzare, capire e spiegare come due feroci assassini,
Mambro e Fioravanti , senza alcun pentimento, o ravvedimento, abbiano
potuto godere della liberazione condizionale al di fuori di ogni legge
dello Stato dopo aver ucciso 98 persone.
Nel manifesto di quest’anno abbiamo scritto:
LA STRATEGIA DELLE STRAGI DAL DOPOGUERRA AD OGGI HA IMPEDITO ALL’ITALIA DI DIVENIRE UNA DEMOCRAZIA COMPIUTA. E’ NEL CUORE TORBIDO DELLE ISTITUZIONI CHE VANNO CERCATI I MANDANTI
Nel nostro Paese ,dal dopoguerra ad oggi, vi sono state ben 13 stragi, in
nessuna di esse si è arrivati a scoprire i mandanti mentre in tutte vi sono
stati sistematici depistaggi e coperture dei Servizi Segreti per impedire
di colpire i colpevoli. Nel 1980 i vertici dei Servizi Segreti avevano da
anni giurato fedeltà alla Loggia Massonica P2 ed erano stati scelti e
nominati dall’onorevole Giulio Andreotti e dall’onorevole Francesco
Cossiga, gli stessi che gestirono in modo quanto meno discutibile un altro
dei momenti nevralgici di questa Repubblica, il sequestro e l’omicidio
dell’onorevole Aldo Moro. Un anno prima di questi eventi, che risalgono al
1978, venne approvata la legge di riforma dei Servizi Segreti e degli
apparati di sicurezza. Fu una riforma presentata come innovativa, perché
avrebbe dovuto impedire inquinamenti e depistaggi, che invece si
presentarono puntualissimi non solo nel periodo dell’emergenza Moro, ma
anche meno di 2 anni dopo, con la bomba di Bologna.
Tanto tempo è trascorso da quei fatti, ma a tuttoggi dobbiamo rilevare che
ben poco si è fatto per togliere il segreto di Stato. Data la mancanza dei
decreti attuativi, le norme per l’applicazione del segreto di Stato
previste nella legge del 2007, successiva a quella del 1977, sono
inapplicabili ed il segreto di stato per stragi e terrorismo oggi è
praticamente eterno.
Questi sono fatti ineludibili a cui chi ha presieduto le istituzioni ad
oggi non ha ancora dato risposte concrete.
Occorre chiedersi quanto sia funzionale al nascondimento della verità sulle
stragi la strana proposta avanzata da alcuni di rendere prescrittibili
anche i reati di strage. Ignorano costoro che il diritto alla verità è
elemento coessenziale alla democrazia, che vive nella trasparenza. La
nostra Associazione non ha sete di vendetta, ma fame di democrazia
compiuta.
Oggi, sulla strage alla stazione, ci sono nuovi sviluppi giudiziari, ma
vanno in ben altra direzione rispetto alla pista teutonico-palestinese:
rafforzano infatti il quadro emerso dalle sentenze relative all’attentato
del 2 agosto. Dai processi per Piazza Fontana a Milano e per la strage di
Piazza della Loggia a Brescia sono emersi collegamenti strutturali tra il
gruppo stragista veneto e Mambro e Fioravanti. Indagando su tali legami si
può arrivare ad accertare ulteriori responsabilità, anche a livello dei
mandanti della strage del 2 agosto, mandanti i cui nomi, ancora Mambro e
Fioravanti, che erano inseriti in un preciso contesto di terrorismo nero e
non spontaneista come vorrebbero far credere all’opinione pubblica,
mantengono segreti.
Questi sono i fatti da approfondire e su cui indagare, come i legami
torbidi di Gennaro Mokbel che si è vantato, in una intercettazione
telefonica, di aver aiutato Mambro e Fioravanti a uscire dal carcere, come
l’omicidio ancora irrisolto dell’estremista di destra Sergio Calore. La
nostra Associazione, a questo proposito ha depositato presso la Procura
della Repubblica di Bologna una corposa memoria corredata dalle risultanze
emerse negli ultimi processi svolti in alcune città italiane.
Attendiamo che la Procura, dopo aver dedicato molti anni all’esame della
fantasiosa pista Teutonico-Palestinese, si dedichi alla ricerca dei
mandanti. Questa è una risposta ancora mancante: chi ha voluto che a
Bologna venissero massacrate 85 persone e che altre 200 portassero i segni
di quella bomba?
I fatti eversivi di questi ultimi periodi hanno di fatto ricreato
situazioni già viste, giornalisti che, in nome di una par condicio,
chiamano vecchi capi dei terroristi a commentare e spiegare l’accaduto.
Sembra che in questo Paese non si debba mai buttare via nulla, tanto è vero
che passa come atto democratico quello di giornalisti supponenti e
autoreferenziali che danno palchi e tribune a efferati terroristi.
Assistiamo poi, da parte del quotidiano Libero, alla nomina quale
editorialista di Franco Freda, probabilmente per sfruttarne la notorietà
criminalmediatica. Infatti la Corte di Cassazione nel 2005 lo ha indicato
quale uno dei responsabili, assieme a Giovanni Ventura, della strage di
Piazza Fontana a Milano.
Continuano le minacce ai magistrati che indagano su questi fatti, ai quali
abbiamo espresso la nostra incondizionata solidarietà; e persino proclami
di appoggio alla lotta armata, un modo per creare ulteriore confusione in
un momento sociale molto delicato.
Auspichiamo che la lotta al terrorismo venga condotta in modo coordinato e
venga istituita una Procura Nazionale Antiterrorismo con il compito di
coordinare le indagini sugli ultimi fatti collegandoli anche alle tristi
esperienze del passato affinchè nulla venga tralasciato per arrivare alla
verità completa su tutti i fatti di terrorismo avvenuti nel nostro Paese.
Abbiamo apprezzato le parole del Presidente del Consiglio Mario Monti che a
Palermo il 23 maggio, in occasione del ricordo del 20 anniversario della
strage di Capaci, ha dichiarato: “L’unica ragion di stato è la ricerca
della verità”.
Questo si dovrebbe fare in uno Stato democratico: perseguire i criminali e
tutelare le vittime.
Troppo spesso invece succede il contrario; le vittime vengono abbandonate a
se stesse durante i processi, spesso umiliate da inutili e snervanti
lungaggini burocratiche. Un triste esempio: la legge 206 del 2004 “Nuove
norme a favore delle vittime di terrorismo e delle stragi di tale
matrice”,approvata da 8 anni, non è ancora del tutto applicata nonostante i
vari Governi, che si sono succeduti, abbiano sempre fornito generose
rassicurazioni mai seguite dai fatti.
In questo Paese alle vittime può anche capitare di venire denunciate per
vilipendio da un parlamentare, il coordinatore del PDL On Garagnani, per
aver chiesto giustizia e verità, come è successo in seguito al discorso
tenuto in questa piazza lo scorso anno. Azioni come queste non meritano
commento.
Lo merita invece la solidarietà che in seguito a quella notizia di esposto
si è stretta attorno all’Associazione dei familiari delle vittime, una
solidarietà forte e calorosa, espressa da persone oneste che credono nei
valori della democrazia, che ogni anno affollano questa piazza di cui uno
Stato miope sembra avere paura; che sanno che si può essere pessimisti
lucidamente e preoccupati per la deriva italiana, ma si ha il dovere
democratico di coltivare la speranza. Perché, come diceva Giovanni Falcone
“gli uomini passano, ma le idee restano. Restano le loro tensioni morali e
continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini”. Sulle vostre e
sulle nostre gambe, sulle gambe di chi quel 2 agosto del 1980 era in questo
piazzale, sulle gambe di chi quel giorno non era ancora nato, ma oggi è qui
con noi, continua il nostro e vostro percorso per una completa giustizia e
verità.
Grazie a tutti voi”.