Ecosistema urbano 2005, realizzato da Legambiente e Ambiente Italia, conferma una pesante battuta d’arresto delle città dell’Emilia Romagna nella qualità ambientale.
A parte la città di Ferrara che conferma un buon
livello di prestazioni ambientali piazzandosi al 4° posto a livello nazionale (e prima in Emilia Romagna) i capoluoghi di provincia dell’Emilia
Romagna arrancano a metà classifica (quando va bene). I 125 parametri della ricerca di Legambiente e Ambiente Italia non fanno che confermare una
situazione di stallo nelle politiche ambientali delle principali città della Regione. Il dato è comune anche alle città piazzatesi ai primi posti in tutta Italia tant’è che Lecco, prima classificata, ha ottenuto soltanto 62 punti su 100 disponibili, ma in Emilia Romagna la situazione è particolarmente critica: Ferrara è 4a (con 59 punti), Parma 15a, Bologna 23a (con 55 punti su 100), Reggio Emilia 32a, Ravenna 33a, Modena 43a, Rimini 50a, Piacenza 62a, Forlì si classifica addirittura 70a (con 45,7 punti).
Va considerato che gran parte dei dati sono autocertificati dalle amministrazioni comunali o assunti dagli indici ufficiali, anche se da qualche anno le strutture locali di Legambiente, dopo aver avuto qualche sorpresa, hanno provveduto a controllare una serie di dichiarazioni delle pubbliche amministrazioni per verificarne l’attendibilità.
“La situazione più grave che emerge anche da questa edizione di Ecosistema urbano – è il commento di Luigi Rambelli, Presidente di Legambiente Emilia Romagna – è quello riferito alla qualità dell’aria”. I dati di Legambiente dicono anche che la quantità di auto (dati 2002) è altissima: Ravenna conta 66,7 auto per ogni 100 abitanti, Reggio Emilia 65,6, Modena 65,4, Forlì
64,1 le altre a seguire (Bologna ne ha meno delle altre città capoluogo, ma deve fare i conti con quelle che arrivano da fuori).
I consumi di
carburante delle province emiliane sono fra i più alti d’Italia a partire da quelli di Reggio Emilia con 669 kg. equivalenti petrolio per abitante anno. “I dati delle centraline di tutta la regione – continua Rambelli – non fanno altro che confermare la drammaticità della situazione: l’aria che respiriamo è il risultato di una politica dissennata della mobilità, sia di quella commerciale che quella delle persone, fondata sulla gomma, con gravi problemi di congestione e gravissimi danni alla salute dei cittadini, specie dei più deboli. Senza azioni radicali non si risolve nulla; le domeniche a piedi sono come un’impacco caldo su una gamba di legno, ma ci sono anche sindaci – come quello di Parma – che non vogliono neppure questo. Da parte loro – conclude Rambelli – le amministrazioni della
regione scavalcano Berlusconi e Lunardi nel proporre nuove strade, autostrade, svincoli e tangenziali mentre il trasporto pubblico – a partire
dal treno – è il parente povero, con orari fermi a 60 anni fa, frequenze inadeguate, materiale rotabile anteguerra mentre nelle città non si pensa neppure più a piani degli orari, a convenzionamenti per aumentare l’uso razionale del trasporto pubblico”.
Scorrendo le pagine del rapporto si scopre che le nostre città non brillano più come una volta. Ferrara (4a a livello nazionale con 59,7 punti su 100), qualche anno fa giunse prima e si conferma ai primi posti grazie alle prestazioni riferite al monitoraggio dell’aria, alle isole pedonali, alle
aree a traffico limitato, piste ciclabili, verde urbano, aree verdi, agli acquisti ecologici della pubblica amministrazione. Ma anche qui non mancano
i punti deboli: il livello di depurazione delle acque si ferma al 77%, i consumi idrici sono altissimi (382 litri per abitante al giorno), la produzione di rifiuti è fra le più alte d’Italia, un abusivismo edilizio
alto (5,75 costruzioni abusive su 10 mila residenti); altissimi i consumi energetici (1.254 kwh abitante su base provinciale). Su tutto pesa però anche il “buco nero” del petrolchimico. Parma (15a) ha il monitoraggio peggiore delle città della Regione (forse per questo non ha aderito al pur blando programma regionale di contenimento dello smog da traffico). La città “ducale” va male anche per i consumi di acqua, di carburanti, la produzione di rifiuti, la raccolta differenziata, la presenza di polveri sottili nell’aria; le aree verdi e si piazza ai
primi posti nel dato negativo dei consumi di energia elettrica. Anche Bologna (23a) se eccelle nella depurazione delle acque e nel trasporto
pubblico, va male nella raccolta differenziata (solo il 25%) e nei consumi elettrici domestici. Reggio Emilia (32a) ha un risultato di rilievo nelle piste ciclabili ma conferma una produzione di rifiuti altissima (774 Kg abitante anno). Ravenna (33a) si avvale dei buoni risultati riferiti alle piste ciclabili e ai vari dati riferiti al verde ma denuncia una
depurazione delle acque fra le più scarse della regione (solo l’88%), un’alta produzione di rifiuti e uno scarso livello di raccolta differenziata (il 24,9%).
Modena (43a) ha dimostrato di saper compilare bene i moduli inviati da Legambiente, di fare acquisti più ecologici delle
altre città emiliane, di avere poco abusivismo edilizio (l’1,79 per 10 mila residenti) ma a suo carico ha un cattivo risultato nella raccolta dei
rifiuti, nella presenza di aree verdi nei consumi elettrici. Discorso a parte merita Rimini che si piazza soltanto 50a – dato particolarmente
pesante per una città turistica – con scarsa capacità di risposta, l’abusivismo edilizio più alto delle città dell’Emilia Romagna, 7,50 abitazioni abusive su 10.000 residenti, alti consumi elettrici, scarsità di
verde, poche aree a traffico limitato, una situazione critica per tutti gli indici dell’inquinamento da traffico. Ancora peggio i dati che riguardano
Piacenza, 62a (con alti consumi idrici, assenza di isole pedonali, alti consumi elettrici, scarsità di verde sia urbano che in tutto il territorio
comunale) e Forlì, 70a, con uno dei dati più alti di produzione di rifiuti, poco o niente isole pedonali e zone a traffico limitato. Dalla sua la città
romagnola ha soltanto il più basso consumo d’acqua per abitante di tutti i capoluoghi di provincia.