Meno foto e più informazioni comprensibili. Questo è ciò che la grande maggioranza degli italiani chiede alle etichette sui prodotti alimentari, secondo una ricerca di Astra Demoskopea, i cui risultati verranno discussi a ‘Sicura 2004‘, convention sulla sicurezza alimentare, cui interverranno 180 relatori in 30 sessioni, organizzata a Modena dal 25 al 27 novembre.
Secondo la ricerca (interviste personali a un campione di 1000 persone dai 14 ai 79 anni, rappresentativo della popolazione adulta nazionale), presentata oggi a Milano dal sociologo Enrico Finzi, presidente di Astra Demoskopea, solo il 26% degli italiani non guarda per nulla l’etichetta quando compra un prodotto alimentare. All’opposto, circa tre adulti su quattro leggono le etichette più o meno spesso, sia pure con diversi atteggiamenti.
Per esempio, il 18,3% – che Finzi chiama ‘minimalisti marginali’ – desidera ricevere solo poche informazioni essenziali (quelle obbligatoria per legge), ma pretende con forza che siano ”leggibili” (scritti in corpo più grande) e ”comprensibili” (senza termini tecnici).
C’è poi un terzo tipo di consumatore (l’8,9%) soprattutto di sesso femminile, formato dalle ‘sospettose-interessate’. Si tratta di donne di età media, residenti in comuni medio-piccoli soprattutto di Piemonte, Lombardia e Lazio, che non si fidano di quel che c’è scritto in etichetta e che pensano sia solo una forma di pubblicità; ma allo stesso tempo dimostrano un grande interesse per le etichette, che auspicano ricche di informazioni ben al di là del minimo di legge.
Il quarto tipo è rappresentato da quegli italiani (9,6%) che adorano sì le etichette, ma danno importanza non tanto alla valenza informativa quanto agli aspetti estetici, grafici e pubblicitari. Fra questi ‘semi-interessati neo-esteti’ c’è una valanga di maschi, giovani, residenti nei comuni più piccoli, forti ‘opinion leader’.
Infine l’ultimo tipo, quello dei ‘label-fan’ (37,3%), che è poi il tipo della maggioranza relativa, che dedica una attenzione ossessiva alle etichette privilegiando il loro apparato informativo. Qui si trovano i consumatori più evoluti 25-54enni, residenti nella ricca provincia del Centro-Nord, diplomati e laureati, ricchi di cultura avanzata con forte orientamento eco-bio e a volte equo e solidale.
Ma quali sono le informazioni che gli italiani leggono nelle etichette (che per 3,2 milioni costituiscono addirittura uno dei principali criteri di scelta)? In una speciale classifica, l’89,5% di coloro che leggono le etichette, guarda più o meno spesso la data di scadenza, l’82,1% gli ingredienti, il 78,7% le istruzioni per la conservazione, infine il 77,4% è interessato al peso.
Pure gli ‘ingredienti di origine e qualità’ catalizzano l’attenzione degli italiani (78% di coloro che leggono le etichette). Segue l’area ‘consigli d’uso’ (69%), area ‘ecologia, biologico’ (55%), area nutrizional-dietetico (42%), interesse per l’azienda produttrice (18%).
L’interrogativo chiave era però se gli italiani si accontentano delle etichette oggi dominanti, che contengono solo le informazioni previste dalla legge. Le risposte variano da prodotto a prodotto, ma in ogni caso emerge un forte favore per quelle che vanno al di là delle prescrizioni minime di legge: ciò vale per il 52% se si tratta di olio di oliva, per il 50% se il giudizio si riferisce alla vaschetta di prosciutto crudo, per il 47% se si tratta dell’insalata pronta, per il 46% se si parla di biscotti frollini senza zucchero.