Sono 220 milioni i pneumatici usati generati ogni anno nell’Unione Europea dalla sostituzione delle gomme. In peso si tratta di 3,4 milioni di tonnellate di carcasse da smaltire o riciclare. Una quantità enorme di gomme che, poste una accanto all’altra, potrebbero completare quattro volte il giro del mondo intorno all’equatore. Questi dati emergono da uno studio elaborato dall’Airp, l’Associazione Italiana Ricostruttori di Pneumatici.
La sostituzione delle gomme degli autoveicoli determina ogni anno in Europa seri problemi di impatto ambientale e la questione è ancora più grave se si considerano anche i rifiuti derivanti dalla rottamazione dei veicoli. Il loro smaltimento è regolato dalla direttiva comunitaria “2000/53/CE sui veicoli fuori uso” che impone precise regole per la riduzione dell’immissione di rifiuti nell’ambiente. Nel nostro Paese il decreto legislativo 24 giugno 2003 n. 209 emanato lo scorso anno dal Governo ha dato piena attuazione alla direttiva comunitaria sui veicoli fuori uso. Il decreto prescrive innanzitutto: “modalità di progettazione e di fabbricazione dei veicoli che agevolino la demolizione, il reimpiego, il recupero e, soprattutto, il riciclaggio del veicolo e dei relativi componenti e materiali”. Le case automobilistiche, alle quali spettano i costi per la rottamazione dei veicoli, devono quindi programmare la produzione in modo tale che, a partire dal 2006, l’80% in peso medio dei componenti di un autoveicolo venga reimpiegato o riciclato. A partire dal 2015 la percentuale di reimpiego e riciclaggio dovrà salire al 85% del peso dell’autoveicolo.
Un aspetto particolarmente importante del problema è costituito, come si è detto, dai pneumatici usati, le cui modalità di smaltimento sono sempre inquinanti, salvo il caso in cui si proceda alla ricostruzione, operazione che consente quantomeno di raddoppiare il ciclo di vita del prodotto. Un pneumatico con il battistrada usurato, ma con la struttura portante ancora integra, non costituisce certo un rifiuto da smaltire, ma, se ricostruito, diventa un prodotto che può essere impiegato in piena sicurezza su un autoveicolo. La ricostruzione può quindi dare un importante contributo per il raggiungimento della percentuale di reimpiego o riciclo dei componenti degli autoveicoli previsto dalle normative vigenti.
A ciò si aggiunge che i ricostruiti sono ampiamente affidabili, come testimonia il loro largo utilizzo in tutti i settori del trasporto, compreso quello aereo. I processi di produzione dei pneumatici ricostruiti sono particolarmente scrupolosi, tecnologicamente avanzati e certificati secondo i protocolli dei regolamenti ECE ONU 108 e 109, che disciplinano tutto il processo di lavorazione e prevedono severi controlli su tutte le fasi produttive. A tutela dei consumatori Airp richiede da tempo che, come già avviene nella maggioranza dei paesi europei, il Governo renda obbligatori questi regolamenti anche in Italia. Si tratta di un adempimento importante anche per rilanciare il ricorso ai ricostruiti che vantano, tra l’altro, lusinghiere benemerenze ambientali. I pneumatici usati non sono rifiuti da smaltire o riciclare, ma prodotti che – attraverso la ricostruzione – possono essere restituiti alla loro funzione originaria. Non farlo è un “reato” contro l’ecologia oltre che contro l’economia.