Non aveva permesso di soggiorno ed
era dunque clandestino l’operaio nigeriano di 36 anni che l’ altra sera e’ morto straziato all’interno di un impianto di betonaggio, in un’azienda che effettua forniture per il cantiere Tav di Lesignana, alle porte di Modena. Lo hanno reso noto i sindacati aderenti alla Federazione lavoratori costruzioni, che hanno tenuto un presidio di protesta in coincidenza con otto ore di sciopero dopo il quinto infortunio mortale in un cantiere collegato ai lavori per l’alta velocita’ nel modenese.
Il nigeriano lavorava per un’azienda modenese che cura la manutenzione degli impianti di betonaggio della societa’ che prefabbrica le travi fornite ai cantieri per l’alta velocita’, quindi non era un lavoratore direttamente assunto da un’azienda Tav: lunedi’ sera, verso le 19, l’operaio stava effettuando manutenzione, quando l’impianto si e’ rimesso in funzione, schiacciandolo. Il Pm ha posto sotto sequestro le macchine.
”Va detto, per chiarezza, che sull’alta velocita’ non ci risulta strutturalmente un problema di lavoro nero – ha sottolineato Domenico Chiatto, della Filca Cisl – Tuttavia, questi episodi mostrano come le maglie dei controlli, anche sulle societa’ fornitrici e collegate, debbano essere piu’ strette”.
I sindacati hanno avuto un incontro in Prefettura, chiedendo ulteriori controlli e accertamenti per garantire livelli di sicurezza piu’ elevati. Nei mesi scorsi, dopo i primi infortuni mortali avvenuti nei cantieri modenesi, e’ stato sottoscritto un protocollo per la formazione e la sicurezza degli addetti Tav, e gia’ centinaia di lavoratori hanno seguito percorsi formativi.
Queste stesse pratiche dovranno essere estese anche alle aziende che accedono temporaneamente ai cantieri Tav per opere di fornitura o manutenzione.