Felipe Massa in Canada e Ralf Schumacher a Indianapolis. Due terribili incidenti che hanno lasciato indenne il pilota della Sauber e hanno appiedato il tedesco della Williams dai due ai tre mesi, con la scoperta dieci giorni dopo il fatto di due fratture alle vertebre. Due segnali che hanno spinto il presidente della Fia, Max Mosley, a lanciare un ultimatum ai team, “fermatevi” e subito dopo ad annunciare a sorpresa le dimissioni a ottobre.
Qualcosa si muove nella Formula 1 che dopo il ’94, tragico per le scomparse di Ronald Ratzenberger e Ayrton Senna a Imola, ha conosciuto un periodo di relativa tranquillita’. Le limitazioni successive a quella disgraziata stagione e i passi enormi fatti dalle case automobilistiche in termini di sicurezza hanno prodotto miracoli, evitando altri lutti, ma la velocità é cresciuta in maniera altrettanto esponenziale.
I campanelli d’allarme sono tornati a trillare e il presidente ora mette le mani avanti, prima che succeda l’irreparabile. Il consiglio mondiale della Fia ha analizzato le prestazioni su tre circuiti in sette anni: a Imola i tempi dal ’98 al 2004 si sono ridotti in prova da 1’25″973 a 1’19″753, in gara da 1’29″345 a 1’20″411, quasi nove secondi in meno. A Melbourne i cali sono stati rispettivamente di quasi 6″ e di oltre 7, a Monaco di 6″ e 8,5: una follia, a dispetto di gomme scanalate, di limitazioni aerodinamiche e di altre accortezze.
Ecco allora il diktat: la Fia chiede ai team di fare proposte per ridurre le performance, altrimenti, in base all’art.7.5 del Patto della Concordia, “se sarà costretta, annuncerà a ottobre” le proprie misure” anti-velocità, in tempo utile per essere applicate dalla prossima stagione, in cui per la prima volta nella storia sono annunciate ben 19 gare. Fin qui, tutto sommato, è un messaggio che fa parte delle regole del gioco.
Ma subito dopo l’emissione della nota, il presidente, con un altro secco comunicato di nemmeno due righe, spiega di avere informato l’assemblea generale che si dimetterà a ottobre, quando aveva già manifestato l’intenzione di ricandidarsi per altri quattro anni alla scadenza naturale del mandato, nel 2005. Insomma, Mosley, che domani parlerà alla stampa a Magny Cours, fa sul serio: si assume le sue responsabilità fino ad imporre misure di moderazione e fa sapere a questa Formula 1 in perenne disaccordo che non si farà massacrare. Un modo per forzare la mano, un modo per cercare, probabilmente, una nuova unanimità sulla sua riconferma.
Il problema è sorto sulla sua proposta di ridurre a 2400 la cilindrata e a otto il numero dei cilindri, come successe nel ’94, dopo l’incidente a Monaco di Wendlinger seguito alle sciagure imolesi, quando dai 3500 cc si passò ai 3000. Mosley vorrebbe che si cambiasse già dal 2005. Il problema è che ormai le case hanno già progettato i motori in base alle vecchie regole. Nelle scuderie, insomma, non ci sono pregiudiziali sulla limitazione, ma sui tempi sì. Così come è successo per la proposta di Bernie Ecclestone di modificare, già in questa stagione, i sistemi di qualifica, rifiutata proprio perché a stagione in corso. La F.1 non accetta cambiamenti troppo rapidi, e gli stessi piloti sono contrari a modifiche nel mezzo della stagione. Lo stesso Jarno Trulli, sindacalista delle quattro ruote che per primo aveva lanciato l’allarme, non è favorevole a cambi repentini. Altri addirittura (Barrichello, Alonso, Montoya) dicono che la velocità va bene così. Il motorismo avanza in fretta, troppo, e sembra non accorgersene. Mosley di imperio prova a farlo ragionare. Imponendo la cosa più innaturale al tempio della velocità: di andare più piano.