Santi, simboli cappuccini. Madonne col Bambino, il cuore di Gesù e di Maria, eventi miracolosi: sono alcuni dei soggetti raffigurati da noti o anonimi incisori su 83 lastre di rame di piccole e medie dimensioni (la più piccola è 4,5 x 5,2 centimetri, la più grande 20 x 27) utilizzate anticamente per la stampa di immagini devozionali. I rami incisi fanno parte di un’interessante collezione del Museo dei Cappuccini di Reggio Emilia recentemente restaurata nell’ambito di un progetto di catalogazione dei beni museali dell’Istituto per i beni artistici, culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna.
Come spiega il direttore del Museo Stefano Maria Cavazzoni “Le lastre per stampa calcografica risalgono a vari periodi, dalla metà del XVI alla metà del XIX secolo. La raccolta presenta, accanto a lavori di una certa qualità e finezza di esecuzione, lastre di gusto e fattura più artigianale, di cui sono un esempio quelle con l’immagine multipla della Madonna del Carmine, risalenti alla metà dell’Ottocento. Incisioni come questa – interessanti non tanto da un punto di vista artistico, ma perché documento della pietà e della devozione popolari – erano impiegate per la produzione dei cosiddetti ‘santini’: le piccole immagini, separate da sottili cornici, venivano stampate su un unico foglio e, quindi, ritagliate”.
Rilevante è il numero di lastre dedicate a santi e beati dell’Ordine Cappuccino, rappresentati spesso col solo busto: talvolta il santo è colto nel momento di un evento miracoloso e la scena si fa più ariosa, si allarga con quinte paesaggistiche e con l’inserimento di vari personaggi; in altre occasioni le immagini incise sono accompagnate da una semplice invocazione o da una preghiera. Una menzione particolare meritano la lastra dell’incisore reggiano Sebastiano Zamboni (operante a Reggio tra il 1749 e il 1790) raffigurante il Beato Bernardo da Corleone, che si ritiene derivato da un ritratto del Beato dipinto da Fra’ Stefano da Carpi, un’altra dello stesso Zamboni che ritrae il quadretto della Madonna del Bell’Amore, immagine molto venerata, già collocata nella chiesa conventuale ed ora presente nel museo, e quella riferita ad un anonimo incisore emiliano della metà del XVIII secolo raffigurante il Beato Crispino da Viterbo.
Non va, infine, dimenticata la lastra incisa a bulino da Marten De Vos con la Presentazione di Maria al tempio, della seconda metà del XVI secolo, un lavoro che per finezza d’intaglio e resa dei valori luministici e plastici si colloca in un ambito più decisamente pittorico.