La sequenza di incidenti più o meno rilevanti e/o conosciuti, non importa, che sono successi negli ultimi anni, culminati con la tragedia di Novellara, pongono un interrogativo rilevante sulla sicurezza della rete a terra del trasporto collettivo, che poi è direttamente legata alla sicurezza degli spazi pubblici – strade e piazze – congestionati da una mobilità caotica e dal traffico.
A ben vedere, bisognerà partire da lì: da un uso più appropriato e selettivo dello spazio pubblico in funzione della lotta alla congestione e al caos.
In una mobilità più ordinata e organizzata sta già il primo tassello della sicurezza; anche perché non è immaginabile una separazione fisica e strutturale totale fra tutti i vari tipi di mobilità: non c’è lo spazio!
E allora è obbligatoria la convivenza, che va organizzata sapendo che non tutto può stare dappertutto, che bisogna selezionare delle priorità e fare tutti un qualche sacrificio a vantaggio della sicurezza individuale e collettiva.
Tutto questo però non avrà reale efficacia se continueranno e/o si aggraveranno i comportamenti collettivi cui assistiamo tutti i giorni alle fermate, anche dopo i fatti di Novellara.
La commistione fra i mezzi di trasporto e la pesantezza dei bus in movimento sono un oggettivo elemento di pericolo con cui bisogna imparare a convivere e i comportamenti collettivi devono considerare i rischi ambientali entro cui avvengono, non c’è alternativa!
Pensiamo se i fenomeni di ressa alle fermate dei bus si ripetessero quotidianamente nelle stazioni con i treni ancora in movimento…
Evidentemente c’è anche un problema generale irrisolto nella società di oggi, che va dal non rispetto delle regole, all’assunzione della responsabilità individuale, fino all’uso del semplice buon senso.
Ma bisogna farci i conti; sono fenomeni reali, discutibili fin che si vuole, ma su cui dobbiamo tutti lavorare a fondo – istituzioni, educatori, genitori, operatori del settore – per proteggere il più possibile le persone anche quando si comportano in modo irrazionale.
Prendiamo ad esempio le dichiarazioni fatte ai giornali dai tanti giovani studenti intervistati in questi giorni; quasi tutti si auto-accusano di comportamenti consapevolmente ritenuti sbagliati, ma continuano a riproporli.
Certo, qua e là compaiono accenni giustificatori – bus affollati, prendere i posti a sedere, arrivare a casa prima – ma a ben vedere non c’è proporzione fra i rischi che corrono o fanno correre agli altri e i motivi per cui li corrono, e questo lo sanno anche loro.
Perché la ressa si forma sempre, anche per salire su un bus vuoto più capiente del necessario, anche sui bus urbani – in cui il rapporto tra posti a sedere e utenti trasportabili è 1/3 – 1/4, da sempre e dappertutto.
Si forma anche in luoghi dove non manca né la segnaletica né l’infrastrutturazione a terra.
A due passi dalla sede di ACT, le fermate dei bus, in Viale Regina Elena, insistono su due marciapiedi di 3–4 metri di larghezza e sono dotate di pensiline di fermata; ci sono le strisce pedonali larghissime (bianche su fondo rosso rugoso), un’isola salvavita in mezzo alla strada e una minicorsia centrale protetta per la svolta a sinistra delle auto e, ad un certo orario, è presente anche la Polizia Municipale.
Tranne le gabbie e i tornelli – tipo stadio – c’è tutto!
Eppure, nel momento di punta, che lo è al contempo per auto e bus in una strada trafficatissima, la maggior parte degli utenti attraversa in modo casuale e staziona in strada, giù dal marciapiede, pronta a dare l’assalto alla “diligenza”; quando invece scende, gira davanti al bus fermo e sbuca all’improvviso in mezzo alla strada.
Sembra più una competizione perenne a chi arriva prima, una dimostrazione di forza, un posizionarsi al di sopra e al di fuori delle regole, che non una reale difficoltà di incarrozzamento.
Per non parlare poi dei comportamenti a bordo e del trattamento riservato agli arredi e alle strutture del mezzo…
Questa è la realtà con cui occorre confrontarsi, che avvelena la vita ai nostro autisti e che mette a rischio la sicurezza dei nostri utenti.
Se la si vuole affrontare, bisogna misurarsi a questo livello, senza scaricabarili, senza scorciatoie – che non esistono – senza strumentalizzazioni di sorta.
Faccio mie, se posso, le parole della FILT-CGIL, che mi sembrano le più appropriate espresse in questi giorni: “… Quando un sistema complesso come questo non si integra più con la realtà che lo circonda, ma viene vissuto in modo quasi scontato, allora qualità e sicurezza sono i primi fattori a subirne le conseguenze. Essi possono essere garantiti solo chiamando alla contemporanea partecipazione tutti i principali protagonisti: enti locali, scuola, parti sociali, azienda e cittadini…”.
Ho volutamente tenuto separate le considerazioni sull’incidente di Novellara dalla riflessione sulla sicurezza in generale; non volevo che in alcun modo si stabilisse un nesso di causa ed effetto tra le riflessioni che ho fin qui svolto – che mi sento di sostenere in ogni sede – e la dinamica di un fatto tragico, ad oggi ancora inspiegabile ed inspiegato, nonostante sia avvenuto teoricamente sotto gli occhi di decine di persone.
Ciò dimostra che non si potevano trarre troppo facili conclusioni, che restano nella responsabilità di chi le ha pronunciate.
Per adesso si possono solo fare congetture, anche io ho fatto le mie, ma non è responsabile esplicitarle, anche per rispetto del ragazzo, della famiglia, dell’autista e del lavoro della magistratura.
Ciò detto, bisogna agire.
In questa mia ancor breve esperienza alla guida dell’Azienda Consorziale Trasporti ho fatto i conti anch’io con la scarsità di risorse, con i conflitti di competenza, le autoreferenzialità e quant’altro, ma non posso sostenere che tutto questo abbia fisiologicamente impedito le politiche di investimento, potenziamento, controllo e verifica; quantomeno quelle tradizionali.
Ma se la società è così cambiata, se i comportamenti collettivi sono così, se le infrastrutture sono queste, se la commistione è inevitabile, allora non bastano più le sole politiche tradizionali: i tasti da suonare sono molti, contemporaneamente e in armonia tra loro, altrimenti la musica non cambia.
Proviamo ad elencarli, anche in ordine prioritario:
prevenzione: riqualificazione della rete e a terra (piazzali, attraversamenti stradali, sosta) e formazione alla mobilità consapevole (educazione stradale, rispetto delle regole e del patrimonio, uso dello spazio pubblico);
informazione: conoscenza del funzionamento del sistema dei trasporti, delle opportunità, dei limiti, dei rischi e promozione dei comportamenti consoni ad evitarli;
tecnologia: massiccia introduzione per la gestione del sistema – puntualità, velocità, capienza e per le informazioni agli utenti in tempo reale;
sicurezza: fondata sul controllo a distanza con sistemi a bordo e a terra;
sala operativa: monitoraggio, governo e controllo del funzionamento del sistema in tempo reale e supporto esterno costante all’autista;
accoglienza: riorganizzazione dell’accesso ai mezzi separando drasticamente salita e discesa;
controlli: a terra e a bordo per verifica incarrozzamento corretto, adeguatezza capienza e volta alla lotta all’evasione;
servizio: costruire il funzionamento a rete a scala extraurbana, sub-urbana e urbana, spezzando anche le tratte lunghe e differenziando l’offerta di trasporto (es. trasporto dedicato studenti – abbonati e relative fermate);
flotta: da rinnovare più celermente e potenziare con mezzi più capienti;
tariffe: adeguate ai costi di oggi.
E’ un altro sistema rispetto all’attuale; quindi prima di parlare di risorse e di “chi fa che cosa”, bisogna capire insieme cosa serve davvero e dove serve e cosa deve fare ognuno di noi affinché il rapporto costi/benefici sia positivo proprio a partire dalla sicurezza.
Poi bisogna che le politiche di mobilità intelligente e consapevole si facciano strada e producano modificazioni significative nel modo di muoversi e che all’interno di queste il mezzo collettivo abbia un suo ruolo ben identificato e sostenuto.
Poi bisogna che la convivenza dei mezzi su strade e piazze sia organizzata e governata ripartendo gli spazi in modo intelligente e concretamente fattibile.
Poi bisogna trovare le risorse per poter fare questa rivoluzione in tempi certi e i più brevi possibili, altrimenti i risultati non ci saranno.
In altre parole: il trasporto collettivo da priorità, mai fino in fondo perseguita, rischia di trasformarsi rapidamente in emergenza.
Il tempo non ci aiuta, al contrario passa sempre più celermente e rischiamo tutti di viverlo con una sensazione di impotenza aggravata dalla azione dei dispensatori quotidiani di ricette tanto miracolistiche quanto velleitarie; ma che trovano sempre troppa audience.
Non è ancora così, il mondo del trasporto pubblico è responsabile e possiede le risorse umane ed intellettuali per progettare ed attuare la propria trasformazione; occorrono segnali chiari che è questo che si vuole e la disponibilità di tutti, noi compresi, a mettersi in discussione.
Così, intorno ad un tavolo, insieme ad esperti (di sondaggi di opinione, di comportamenti collettivi, di sociologia, di psicologia, di comunicazione ecc..) produrre un progetto condiviso da attuare ognuno nel proprio campo di competenza, ma con una forte assunzione di responsabilità e capacità di coordinamento.
ACT, per quanto di sua competenza, ha carte da spendere a quel tavolo: il lavoro di questi anni e un documento strategico che traguarda al 2014 presentato all’Assemblea dei Sindaci più di un anno fa.
Non è ancora un progetto, ma una buona base di lavoro credo di sì.
(Presidente di ACT Angelo Malagoli)