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Montecarlo, un palcoscenico d’eccezione per la Formula 1

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La sesta tappa del Campionato del Mondo di Formula 1 vede le squadre impegnate nel palcoscenico più famoso e ricco di glamour di tutta la stagione: Monte Carlo. Peraltro, lo status di gioiello della corona che appartiene a questo tracciato cittadino ha un prezzo, quello di presentare le maggiori difficoltà dal punto di vista della logistica. E’ stato sempre così in passato, per vari motivi: le strutture del paddock e dei box sono rimaste ad un livello piuttosto basso nonostante i miglioramenti degli ultimi anni; il weekend di gara dura un giorno in più, visto che le prove libere si svolgono il giovedì e non il venerdì; bisogna avere una scorta un po’ più grande di pezzi di ricambio perché il rischio di riportare dei danni lungo le stradine del circuito è molto alto. In più, quest’anno, si è aggiunta un’ulteriore difficoltà, visto che questa gara è stata piazzata nel calendario immediatamente dopo il Gran Premio di Spagna. Quando fu definito ufficialmente l’ordine di svolgimento del Mondiale fu facile prevedere giornate difficili per gli uomini della logistica, cosa che si sta puntualmente avverando.

La maggior parte dei componenti delle squadre ha viaggiato in automobile dal Montmelò al Principato. Anche se la distanza in chilometri è relativamente breve, la quantità di lavoro necessario perché tutto sia pronto è sicuramente maggiore di ogni altra coppia di gare consecutive, soprattutto se si confronta a quelle fuori dall’Europa. In quei casi, infatti, al di là degli interni dei box e degli uffici non ci sono strutture da montare mentre in Europa bisogna piazzare ed allestire i camion e i motorhome. Considerato che ci vogliono circa 36 ore per ricostruire il “villaggio” della Formula 1 si può capire quanto siano compressi i tempi. Fortunatamente, il ritorno sui cieli dell’Europa meridionale della nube di cenere vulcanica prodotta dall’Eyjafjollajokull non ha provocato ritardi nella movimentazione della squadra: i tecnici hanno fatto ritorno a Maranello domenica sera mentre i meccanici hanno guidato ieri fino a Monaco.

L’analisi del Gran Premio di Spagna compiuta durante il debriefing di ieri pomeriggio ha confermato che se da una parte il risultato è stato soddisfacente così come il fatto che la prestazione della F10 sia migliorata, dall’altra c’è la consapevolezza che i passi avanti non sono stati sufficienti a colmare la distanza con le macchine più veloci, almeno in circostanze simili a quelle di Barcellona. Il punto debole del pacchetto è la mancanza di carico aerodinamico. A Monaco la situazione dovrebbe essere migliore rispetto al Montmelò, soprattutto perché qui ci saranno le gomme Supersoft che dovrebbero garantire maggiore aderenza, in particolare nel giro secco.

In Spagna la differenza di prestazione rispetto ai migliori è stata minore in gara ma sappiamo quanto sia importante la qualifica a Monaco, sempre decisiva per il risultato finale. Questo Gran Premio è stato sempre descritto come una lotteria e potrà esserlo ancora di più quest’anno, considerato che su una pista che faceva fatica ad ospitare venti macchine ne correranno ora quattro in più. Fare il tempo in Q1 non sarà così semplice così come non sarà per niente facile scegliere il momento giusto in cui fermarsi per il pit-stop, visto che se si finirà dietro un doppiato la strategia correrà seriamente il rischio di essere rovinata. Se si pensa che al Circuit de Catalunya il primo doppiaggio per inferiorità di prestazione – lasciando quindi da parte quelli causati da problemi imprevisti – si è verificato già al giro 14 si può capire quale scenario si prospetta.

Dal punto di vista tecnico, le F10 sono già state revisionate domenica sera dopo la gara e la novità maggiore rispetto alla configurazione del Gran Premio di Spagna sarà la mancanza dell’ala posteriore soffiata. A Monaco la velocità di punta non è certamente elevata e questa nuova soluzione non dà vantaggi. Una volta si facevano quasi delle macchine speciali per questo Gran Premio ma oggi, considerate le regole tecniche, sportive ed economiche, la differenza più grande è legata all’angolo di sterzata, che viene aumentato per consentire al pilota di guidare più agevolmente attraverso le strette curve che caratterizzano il tracciato. Ovviamente, tutti portano quanto più carico aerodinamico possibile e si studiano soluzioni di assetto particolari. A Maranello negli ultimi due anni si è cambiato approccio in questo ambito, cercando di rendere la macchina molto più morbida rispetto agli anni precedenti: i risultati si sono visti, considerato che nel 2008 Felipe partì in pole e lo scorso anno Kimi era nella prima fila della griglia.

Anche se il Cavallino Rampante ha tagliato per primo il traguardo otto volte, negli ultimi anni la Dea Bendata sembra aver deciso di non essere dalla nostra parte, considerato che l’ultima vittoria della Ferrari risale al 2001. Sul podio i piloti di Maranello ci sono saliti tante volte (17 secondi posti, 21 terzi, gli ultimi tre consecutivi) ma di successi se ne sono visti relativamente pochi, anche quando la squadra dominava ovunque, come in anni come il 2002 e il 2004. Ci sono state edizioni del Gran Premio caratterizzate da episodi decisamente poco favorevoli (come non ricordare la collisione fra Montoya e Schumacher all’uscita del tunnel nel 2004) o dalle condizioni climatiche che hanno giocato un ruolo determinante, come nel 2008. Di poca consolazione sia il fatto che dal 2002 al 2009 in ben sei occasioni il giro più veloce della gara sia stato ottenuto da una macchina di Maranello. Sia come sia, la vittoria sfugge da troppo tempo. Non altrettanto si può dire per Fernando Alonso, che qui ha già vinto due volte consecutive, nel biennio 2006-2007.