Nemmeno le aree marine sono al riparo dall’inquinamento. Metalli pesanti, idrocarburi, pesticidi e policlorobifenili ormai minacciano la salute delle acque italiane in modo preoccupante, anche lungo le coste emiliano-romagnole.
E’ questo il quadro che emerge dall’elaborazione di Legambiente e Wwf dei dati rilevati dal Programma di monitoraggio dell’ambiente marino costiero del ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio. Dati raccolti dalle Arpa nell’arco degli ultimi tre anni, in base a una convenzione tra il Servizio difesa mare del ministero e le Regioni costiere.
In Emilia-Romagna sono quattro le stazioni di rilevamento: Porto Garibaldi nel comune di Comacchio (Fe), Lido Adriano a Ravenna, Cesenatico (Fc) e Cattolica (Rn). I contaminanti trovati in concentrazioni al di sopra dei limiti di legge nei sedimenti sono nichel, cromo, ddt, ipa e pcb. Il nichel, in particolare, lo si ritrova in tutte e quattro le stazioni: a Porto Garibaldi e a Cattolica, gli sforamenti riguardano tutti e cinque i campionamenti fatti durante il triennio del programma, con punte che superano anche del doppio il limite di legge. Ma nell’area regionale sono stati trovati anche ddt (2 superamenti su 5), ipa (1 su 5) e pcb (1 su 5). Il cromo invece supera i limiti di legge 3 volte su 5 a Porto Garibaldi e 1 su 5 a Lido Adriano. Inoltre, il 2% delle stazioni del litorale adriatico dell’Emilia-Romagna sono in uno stato scadente. Quella di Porto Garibaldi presenta le condizioni peggiori.
La situazione critica delle coste emiliano-romagnole dipende essenzialmente dal carico veicolato in mare dal Po, che raccoglie gli scarichi di 16 milioni di abitanti determinando un fattore di pressione tale da influenzare le acque adriatiche sia dal punto di vista produttivo sia idrologico.