E’ sotto gli occhi di tutti la grave situazione della nostra economia locale e più in generale nazionale. Una crisi che si protrae da tempo e che, nonostante i timidi segnali di ripresa, non ci consente di affrontare con serenità i prossimi mesi. Ma nonostante questa premessa occorre fare una valutazione diversa per capire a cosa siamo effettivamente di fronte. Sia le istituzioni che le organizzazioni industriale che i singoli imprenditori, denunciano, piangono e affermano la necessità di forti risposte date o da dare al paese per affrontare la crisi. A seconda della posizione, si fa ricorso agli ammortizzatori sociali (cassa, contratti di solidarietà, mobilità ecc) dichiarando di volta in volta che servono sempre maggiori risorse per salvare le aziende. Tutto questo è vero solo in parte. Le grandi e medie aziende con il riscorso a questi strumenti da diversi mesi hanno avuto la possibilità di effettuare ingenti risparmi mentre i lavoratori si sono trovati di fronte e forti riduzioni di stipendio e a una grande precarietà lavorativa. Contemporaneamente la situazione finanziaria dell’Imps è diventata preoccupante tanto di costringere il Governo a prendere provvedimenti per assicurare il pagamento della cassa e degli altri ammortizzatori. Pagamenti che non sempre sono eseguiti puntualmente soprattutto quando devono essere anticipati dalle aziende stesse in crisi. Ed è proprio su questa questione che mi sento di far notare come, pur nella evidente situazione di difficoltà, ci siano imprenditori che probabilmente, anziché continuare a fare il proprio mestiere di imprenditore rischiando quanto l’azienda nel passato gli ha prodotto in termini di reddito, utilizzano il sistema degli ammortizzatori per “socializzare” i costi con le istituzioni e col paese intero. In sostanza capita che si siano imprenditori che non credono più nella propria azienda e non si mettono le mani in tasca per finanziarla. Visto il pianto generale, come detto in parte motivato, si preferisce alimentare la schiera dei pessimisti e di coloro che ingrossano le fila degli sfiduciati. In tal modo accade che anziché la fiducia si alimenti la sfiducia e si faccia a gara a chi è più pessimista. Alla fine di tutto questo i soli a rimetterci veramente sono i lavoratori che si vedono decurtato lo stipendio del 20/30% e pagato dopo diversi mesi. In sostanza, mi pare ci si trovi di fronte a un complesso sistema che provoca nelle fascie sociali più deboli la totale incertezza del domani. Una incertezza che a volte si tramuta in panico e in veri drammi esistenziali quando i lavoratori hanno figli da mantenere, affitti o mutui da pagare.
Credo allora che sia giusto contribuire ad aumentare le risorse degli ammortizzatori sociali, ma sia oltremodo giusto controllare a chi vanno concessi garantendone la puntuale erogazione ai lavoratori. Se ciò non accade, le istituzioni locali dovrebbero dotarsi di strumenti capaci di interrompere una spirale di ingiustizia destinata a sfociare prima o poi in scontri sociali. Pertanto, tutti i soggetti interessati a non disperdere un grande patrimonio di uomini, idee e risorse, dovrebbero lavorare assieme per ridare slancio e fiducia al nostro distretto industriale per far conoscere alla componente più debole le loro reali su come uscire da questa crisi.
Riccardo Prini