Il dott. Albertini di Salus Hospital spiega quali aspetti bisogna sempre tenere sotto osservazione
Il sole preso nella maniera e nelle dosi scorrette può fare male: negli ultimi 15 anni i casi di melanoma, il tumore della pelle che si nasconde sotto le sembianze di un neo, sono più che raddoppiate. Sono oltre 100.000 gli italiani colpiti dalla malattia, con oltre 10.000 nuove diagnosi all’anno. Troppi, per un tumore che, in genere, si può prevenire bene: se diagnosticato in tempo, il 90% di questi tumori potrebbe essere guarito e, a differenza di altre neoplasie, ha il vantaggio di non essere nascosto, ma ben visibile sulla pelle.
“I nei, o nevi sono macchie della pelle dovute all’accumulo di melanociti, le cellule che producono melanina, vale a dire il pigmento responsabile del colore della pelle e dell’abbronzatura – spiega il dott. Giuseppe Albertini, specialista in Dermatologia, Allergologia e Immunologia Clinica presso il Salus Hospital di Reggio Emilia. – È vero che i nei rappresentano un’anomalia della pelle, ma sono del tutto fisiologici, alcuni sono presenti fin dalla nascita, altri compaiono nel corso della vita. I nei benigni sono in genere inferiori a mezzo centimetro di larghezza, hanno una forma tondeggiante con contorni definiti. Il loro colore va dal rosa al marrone scuro. La quasi totalità dei nevi benigni presenti sulla pelle è completamente innocua. Una piccolissima parte di essi però può degenerare e dare vita a un aggressivo tumore della pelle: il melanoma. Questa trasformazione può avvenire spontaneamente ma sollecitazioni esterne, come l’esposizione ai raggi UV, tendono a favorirla in soggetti predisposti”.
Il melanoma è un tumore maligno della pelle, si forma in genere sulla cute apparentemente sana oppure può svilupparsi su un neo preesistente. “I fattori di rischio che possono portare allo sviluppo del melanoma possono essere, per così dire, individuali oppure legati invece all’ambiente e allo stile di vita, – prosegue il dott. Albertini. – Sono ad esempio fattori individuali una storia familiare o personale di melanoma, una carnagione molto chiara e la presenza di un numero elevato di nevi (>50) soprattutto se atipici, mentre consideriamo fattori ambientali l’esposizione incongrua alla luce solare, l’esposizione a radiazioni artificiali (lettini e lampade abbronzanti) e il mancato o errato utilizzo delle creme di protezione solare durante lunghe esposizioni”.
La diagnosi precoce ha un ruolo fondamentale nella prevenzione. Il principale campanello d’allarme è il cambiamento nell’aspetto di un neo preesistente o la comparsa di una nuova lesione. Gli aspetti morfologici da valutare nell’autoesame sono riassunti in cinque lettere ABCDE:
- A Asimmetria – irregolarità di forma: se una parte del nevo è diversa dall’altra.
- B Bordi – bordi irregolari, frastagliati.
- C Colore – scuro o non uniforme con sfumature nell’ambito dello stesso nevo.
- D Dimensione – maggiore di 6 mm di diametro.
- E Evoluzione – elevazione, soprattutto se fissi, a crescita verticale con tendenza a rapida evoluzione.
Se sono presenti questi aspetti è bene effettuare un controllo più approfondito da uno specialista. Lo specialista, attraverso un dermatoscopio, ovvero uno strumento tramite il quale il neo può essere ingrandito e osservato molto da vicino, effettua una visita approfondita. Un altro sistema utilizzato è l’epiluminescenza. Nel caso di nei multipli atipici si dovrà eseguire un follow up e quindi si effettuerà la mappatura dei nevi sparsi per tutto il corpo. Questa rappresenta un supporto per la diagnosi precoce: viene utilizzata una telecamera – videodermatoscopio digitale – collegata a un computer, in modo da poter analizzare ogni neo in ogni sua parte e ottenere appunto una “mappa” personalizzata di ogni paziente. Questi documenti personalizzati potranno essere usati per confrontare i nei a distanza di tempo.
“Quando il neo è considerato a rischio, l’asportazione chirurgica è la via da percorrere. Se il melanoma è allo stadio iniziale, sarà sufficiente l’asportazione del solo neo con una piccola parte di tessuto circostante, con una percentuale di guarigione pressoché totale. Se lo spessore del tumore è maggiore, si procede anche alla biopsia (asportazione) del linfonodo “sentinella”, quello più vicino, per vedere se contiene già cellule tumorali. Nel caso di melanomi metastatici si potranno effettuare test genetici ed eseguire terapie anche se la diagnosi precoce e la rimozione chirurgica rimangono i punti fondamentali”, conclude il dott. Albertini.