A Salus Hospital si utilizza l’impianto di endoprotesi (EVAR) con un approccio caratterizzato da minor invasività, in anestesia locale e senza incisioni
L’aneurisma dell’aorta addominale è una dilatazione patologica permanente che interessa la parete della più grande arteria dell’addome, l’aorta. I problemi per la salute derivano dal fatto che, una volta dilatatasi, la parete vasale si indebolisce e può rompersi con facilità. In caso di rottura, la perdita di sangue che ne consegue può essere massiva e portare anche a conseguenze fatali.
La terapia prevede l’intervento chirurgico, il quale viene generalmente praticato solo in caso di aneurismi di grandi dimensioni.
“Al Salus Hospital – spiega il dott. Enrico Vecchiati, specialista in Chirurgia Generale e Vascolare presso il Salus Hospital di Reggio Emilia – l’intervento di elezione è la riparazione dell’aorta dall’interno attraverso l’impianto di un’endoprotesi (EVAR). Si tratta di una modalità innovativa rispetto al trattamento chirurgico tradizionale a cielo aperto, caratterizzata dalla minor invasività d’approccio con medesimo obiettivo, cioè la protezione verso il rischio di rottura dell’aneurisma stesso”.
In cosa consiste l’endoprotesi aortica (EVAR)
L’aneurisma aortico addominale è rappresentato dalla dilatazione progressiva dell’aorta addominale, il vaso principale che porta il sangue agli organi dei visceri e agli arti inferiori, fino a raggiungere un diametro critico. I fattori predisponenti sono in parte congeniti e familiari e in parte acquisiti: fumo, ipertensione ipercolesterolemia. Tale lesione è usualmente progressiva, con tassi di crescita assai variabili, e l’indicazione chirurgica è stabilita dalle linee guida per dimensioni tra i 5 e i 5,5cm, ovvero la soglia del rischio di rottura.
La tecnica di riparazione classica è rappresentata dalla resezione della sacca aneurismatica con un intervento a cielo aperto, l’accesso avviene per apertura della parete addominale anteriormente o per incisione al fianco. Si tratta di un intervento impegnativo per il paziente a causa dell’apertura dell’addome e della sollecitazione emodinamica dovuta sia all’occlusione temporanea dell’aorta sia alle perdite ematiche operatorie, ma anche per il chirurgo, specialmente nei più giovani inesperti in tale approccio.
La tecnica di endoprotesi aortica endovascolare invece, prevede l’inserimento della protesi all’interno dell’aneurisma senza apertura dell’addome né dell’aneurisma stesso. La protesi viene introdotta attraverso i vasi sanguigni efferenti, iliaci e femorali, mediante navigazione endovasale, all’interno di speciali cateteri (del diametro di 6-8 mm) che scorrono su apposite guide metalliche.
Tali protesi sono composte essenzialmente da un tubo di poliestere intrecciato o PTFE (politetrafluoretilene), sostenuto da una intelaiatura metallica elastica dotata di sistemi di fissaggio atti a fissare la protesi nella sede voluta. Esistono comunque sul mercato numerose alternative, anche molto differenti per conformazione e sistemi di fissaggio, frutto dell’evoluzione tecnologica negli anni.
È necessario però, nella scelta della protesi, che siano rispettati i presupposti anatomici della parete aortica atti a consentire un fissaggio stabile con esclusione completa della sacca aneurismatica.
Preparazione
È preliminare un esame ecografico che stabilisca la dimensione critica dell’aneurisma, superiore ai 5 cm, o il rapido accrescimento della stessa, 5-10 mm in 8-12 mesi.
L’esame di AngioTC rappresenta il passo successivo a stabilire il quadro di riferimento per la chirurgia aperta, e ancor di più per il trattamento endovascolare. È necessario verificare i rapporti con strutture importanti come le arterie renali ed i vasi iliaci e i diametri delle stesse, nonché le zone di ancoraggio della protesi. Si deve poi esaminare la via di accesso a livello femorale e il percorso che deve seguire la protesi all’interno delle arterie iliache.
La tecnica EVAR
In anestesia parziale o locale si accede dagli inguini, con breve incisione di preparazione delle arterie femorali o per via percutanea (senza tagli), grazie a dispositivi meccanici che permettono di suturare il foro di accesso dall’esterno.
Si preparano quindi le vie di scorrimento all’interno dei vasi posizionando dei fili guida metallici speciali e si effettua angiografia aortica mediante catetere angiografico.
Sulla base della TAC preliminare, vengono poi individuati i riferimenti anatomici cardine segnandoli sullo schermo con marcature elettroniche o ricostruendo le immagini al computer.
A questo stadio si definisce la protesi, solitamente già preselezionata come tipologia, diametri e lunghezze, e si impianta il corpo principale iniziando da un lato. In seguito dal lato controlaterale si inserisce la seconda gamba.
Si effettua l’angiografia finale e si controlla il risultato per decidere eventuali ulteriori manovre correttive o chiudere l’intervento.
I vantaggi
Il principale vantaggio immediato, rispetto alla tecnica tradizionale, è l’estrema riduzione di invasività dell’intervento. La procedura viene effettuata in anestesia parziale o locale e senza incisioni, se non minime agli inguini, o addirittura per via percutanea.
Il paziente resta ricoverato 3 giorni in osservazione, quindi viene dimesso programmando controlli ematici, soprattutto per sorvegliare la funzione renale, e gli esami di ecodoppler e AngioTC di controllo a 1-2 mesi.
Il post-operatorio è assai semplice, con recupero immediato, a differenza della chirurgia aperta con recupero dopo 1-3 mesi minimo.
Non sono previste complicanze a carico di organi viscerali o della parete addominale né della sfera sessuale nell’uomo, quale ad esempio eiaculazione retrograda, assai frequente nella chirurgia classica.
L’Equipe di Angiologia e Chirurgia Vascolare del Salus Hospital
Nella Chirurgia Vascolare, settore in continua evoluzione, Salus Hospital offre un’équipe medica rappresentata dal Prof. Gioachino Coppi, dal Dott. Enrico Vecchiati e dalla Dott.ssa Elena Righi.
Il Prof. Coppi e il dott. Vecchiati, esecutori e promotori di questo tipo di metodica fin dagli esordi, agli inizi degli anni ’90 in collaborazione con il dott. Juan Parodi, furono protagonisti dell’introduzione della metodica in Italia. Da allora la diffusione in Italia e nel mondo di questo trattamento e stato dilagante fino a divenire la scelta largamente preferita nelle chirurgie vascolari. Lo sviluppo tecnologico delle protesi nonché degli strumenti di supporto all’impianto è stato parimente travolgente, con continuo mutamento dei materiali e degli scenari.