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Legambiente: no alla variante che sfregia la collina di Castel San Pietro

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Nel comune di Castel San Pietro Terme (BO) è in atto una variante agli strumenti urbanistici che porterà ulteriori 6000 mq di nuovi edifici in piena collina e in area agricola. Si tratta di un ampliamento dell’attuale resort di proprietà della azienda CRIF, che già negli ultimi anni ha cambiato volto ad una parte importante della collina. Un ulteriore intervento che consolida un brutto precedente in una delle aree più preziose del territorio.

Legambiente interviene pubblicamente dopo una relazione tecnica inviata un mese fa tanto a Comune, Regione che Città Metropolitana. Missiva purtroppo rimasta senza risposta.

Nel tempo l’Amministrazione comunale ha promosso diverse varianti: si è partiti nel 2006 con 2.500 mq di superficie utile per uso ricettivo – alberghiero, che sono stati incrementati di 2.600 mq nel 2008 e di ulteriori 4000 mq nel 2013, a cui sono aggiunti 2800 mq per uffici. Per un totale di 9100 mq destinati all’albergo più 2800 per gli uffici. Le superfici sottratte all’agricoltura in realtà risultano molto più ampie se si considerano pertinenze, parcheggi e viabilità. (si veda la grafica allegata con l’evoluzione dal 2003).

Oggi la proposta è di un ulteriore incremento per usi recettivi di circa 1.000 mq e di ulteriori 5.000 mq per uffici.

Un intervento peraltro portato avanti attraverso il Regolamento Urbanistico Edilizio (RUE), uno strumento che dovrebbe disciplinare solo interventi limitati. Dunque con una procedura al limite della correttezza, secondo Legambiente.

In particolare i contenuti della variante presentano incompatibilità con la disciplina del PTCP ma soprattutto con la normativa regionale che ammette la nuova costruzione in territorio rurale esclusivamente se legata all’attività agricola (art. 36, c.2).

Di fatto la variante non solo consolida ed amplia un insediamento cresciuto con strumenti impropri, ma lo fa in un ambito rurale di particolare interesse paesaggistico vicino a un crinale e con aree forestali che interessano parzialmente l’area. Inoltre l’accessibilità è legata ad un’unica strada di tipo locale che a stento garantisce il passaggio di due veicoli in opposto senso di marcia.

Se, come sembra, l’intervento è legato all’azienda CRIF già proprietaria dell’attuale resort, vale la pena ricordare quanto riportato dal presidente Gherardi in due interviste del 2013 e 2018. Secondo le sue dichiarazioni all’inizio doveva essere un semplice centro congressi per la realizzazione di 50-70 eventi l’anno, poi nel tempo si è aggiunta la realizzazione di un resort di lusso. Successivamente si sono aggiunti uffici integrati nel campus aziendale con l’obiettivo di creare un ambiente di lavoro innovativo e “creativo”.

“Ci domandiamo se questi obiettivi, debbano essere attuati a scapito della collina bolognese. La zona è deputata all’agricoltura non ad ospitare aziende che si occupano di soluzioni per il mondo del credito. I progetti pilota di ambienti di lavoro smart risulterebbero tali solo se fatti riqualificando aree dismesse e non alterando il paesaggio, bene della comunità” – conclude Legambiente.