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Rifiorisce l’Appennino: un nucleo operativo per il rilancio paesaggistico ed agricolo dei frutteti in montagna

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Straordinario successo di pubblico per il convegno “Rifiorisce l’Appennino” che si è tenuto alla Rocchetta Mattei lunedì 14 maggio. È stato presentato un progetto del Comune di Grizzana Morandi e dell’Unione dei comuni dell’Appennino bolognese per recuperare le colture antiche, come quelle della mela rosa romana. In questo modo si rivaluta quello che Giorgio Morandi definì “il più bel paesaggio del mondo” e al tempo stesso si rilancia l’economia agricola.

Graziella Leoni, sindaco di Grizzana Morandi, ha spiegato che “Il progetto del Comune di Grizzana Morandi elaborato con il supporto dell’Unione dei comuni dell’Appennino bolognese, dell’Istituto dei beni culturali e dell’Università di Bologna intende coniugare il recupero delle nostre tradizioni, delle nostre colture, tra cui la mela rosa romana, con la valorizzazione del territorio”.

La prima cittadina ha proseguito ricordando che i luoghi dell’Appennino già conservano tante eccellenze, ma possono diventare ancora più attrattivi grazie ai frutteti. A tal proposito Anna Letizia Monti, agronomo e progettista del paesaggio, ha spiegato come potrebbe sorgere, nei pressi dei Fienili del Campiaro e della casa museo di Giorgio Morandi, un pomario in grado di ospitare alberi con colture di mele rosa romane ma anche di ciliegie, pere, prugne e altri frutti autoctoni. Un modo per coniugare rilancio agricolo e valorizzazione del paesaggio. Il progetto è sostenuto dall’Istituto dei Beni Culturali, intervenuto per tramite del professor Roberto Balzani, che ha detto come il ruolo dell’istituto è quello di “collegare la riscoperta di una specificità locale dal punto di vista botanico e agrario ad un contesto territoriale più vasto. Non c’è divisione tra il contesto agrario, quello economico, quello culturale e paesaggistico: tutto si tiene, in una autoctonia che non è un diritto alla sopravvivenza, ma una libera scelta di cittadini e amministratori”.

Dello stesso parere anche Salvatore Argentieri, sindaco di Castel d’Aiano e assessore all’agricoltura per l’Unione dei comuni dell’Appennino bolognese, che ha sottolineato come sia possibile prendere esempio da territori, come quelli della Val di Non, che hanno saputo ben valorizzare i loro prodotti.

Come ha spiegato il professor Silviero Sansavini dell’Università di Bologna la mela rosa romana è una peculiarità dell’Appennino, perché non può crescere in pianura: è ricca di polifenoli, preziosi per l’alimentazione, e può essere rilanciata sul mercato come prodotto di qualità, con produzioni ridotte ma destinate a consumatori sempre più attenti. Occorrerà approfondire gli studi genetici già avviati per definirne con esattezza le varie famiglie, come ha spiegato Luca Dondini del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agroalimentari dell’Università di Bologna. A confermare l’interesse del mercato per questo tipo di coltura la presenza, tra il numeroso pubblico, anche di rappresentanti di Coop Alleanza.

A questo punto, si è detto, occorrerà creare un nucleo operativo che coinvolga Regione, Comuni, associazioni, Università, imprenditori e coltivatori per avviare un percorso che porti all’ottenimento di un marchio collettivo. “C’è uno spiegamento di forze notevole intorno a questo progetto rilevante sotto il profilo storico, culturale, agricolo, paesaggistico. Un progetto che coinvolge una comunità” ha dichiarato l’assessore regionale Simona Caselli. “Si può partire con un nucleo operativo e un obiettivo di partenza di venti ettari e cinquemila quintali di mele e superare anche le tradizionali filiere corte. Per la Regione è un progetto serio: la biodiversità è un bene pubblico che questi agricoltori stanno preservando. Adesso bisogna trovare gli strumenti anche di marketing per valorizzare i loro sforzi”.

La Regione insomma crede nel progetto e ci crede anche il GAL: il presidente Tiberio Rabboni ha infatto suggerito alcuni strumenti per accedere a finanziamenti che possano sostenere questo percorso nelle sue prime fasi.