In questi giorni si parla di rilancio turistico dell’Appennino, attraverso un progetto sovra regionale che vuole unire le tre stazioni sciistiche di Corno alla Scale, Doganaccia e Abetone, rispolverando un’idea del 1963 che prevedeva una funivia Doganaccia/Scaffaiolo ed un impianto di seggiovia con partenza da Tavola del Cardinale ed arrivo sotto al vecchio rifugio del lago.
15 milioni di euro la spesa prevista per la realizzazione delle opere, di cui 11 milioni reperibili da un possibile finanziamento nazionale con fondi destinati al rilancio dell’Appennino Tosco-Emiliano.
«Il percorso per il finanziamento di queste opere è cominciato qualche giorno fa, ora si tratta di realizzarlo in tempi brevi» è, secondo i presenti, l’annuncio fatto dal dirigente del settore Turismo della Regione Emilia Romagna a Vidiciatico, in occasione di un convegno tenutosi negli scorsi giorni.
In pieno periodo di cambiamenti climatici, di tagli ai bilanci pubblici e di riflessione sull’economia verde appare assurdo – denuncia Legambiente – che a cavallo di Emilia Romagna e Toscana si stia parlando di un progetto di implementazione della rete di seggiovie e funivie per sviluppare il turismo sciistico invernale. Se si da uno sguardo a piovosità e temperatura media dal 1961 al 2008 a Lizzano in Belvedere, si nota come la temperatura media annuale sia aumentata di 1 grado e la piovosità media annuale sia diminuita di 117 mm all’anno. Dati che, se incrociati al trend delle nevicate su tutto l’Appennino emiliano romagnolo negli ultimi 50 anni, rimarcano la costante diminuzione dagli anni ‘90 sia dei giorni nevosi che dell’altezza media del manto nevoso (Dati atlante idroclimatico Arpae )
Risulta preoccupantemente evidente – continua Legambiente – che puntare tutto sulla stagione sciistica sia un azzardo che il nostro territorio non può più permettersi.
Con le stesse risorse si potrebbero avviare decine di start-up, cooperative di comunità o aziende giovanili incentrate su sostenibilità ed innovazione, con ricadute occupazionali di certo più promettenti.
Il progetto – sottolinea Legambiente – evidenzia ancora una volta la visione miope del turismo appenninico nella nostra regione: invece di puntare sulla riapertura delle antiche vie transappenniniche, pulire i belvederi e favorire un turismo di montagna sostenibile, attento alle peculiarità locali e continuativo nell’arco dei 12 mesi, si punta a riproporre il modello “rivierasco” anche in vetta.
Pensare di risollevare le sorti del territorio appenninico attraverso la promozione di un turismo mordi e fuggi concentrato nei soli mesi invernali, neve permettendo, è una visione poco lungimirante di sviluppo delle aree interne, che può solo peggiorare la già difficile situazione di spopolamento di piccole località sparse sul territorio, come ad esempio la nota Pianaccio.
Realtà che possono essere rilanciate solo attraverso la promozione delle tipicità e della storia locale, come la nostra associazione aveva già evidenziato con il progetto “Parchi di Vita”.