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Scandiano, la nuova stagione teatrale del Teatro Boiardo

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Moni OvadiaLa nuova stagione teatrale 2015-2016 del Boiardo di Scandiano proporrà al pubblico spettacoli e artisti di alta qualità che ben rappresentano la scena teatrale italiana contemporanea.

Questa stagione vedrà anche il passaggio di testimone della gestione della struttura scandianese da ERT – Emilia Romagna Teatro Fondazione ad ATER – Associazione teatrale Emilia Romagna, realtà della quale l’Amministrazione comunale è socia da diversi anni e con la quale collabora nell’organizzazione della rassegna musicale estiva “Mundus. Linguaggi dell’identità e della differente”.

E’ di luglio dello scorso anno il decreto del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo – MIBAC – che ha sancito la nuova classificazione dei beneficiari del finanziamento dello Stato (teatri, compagnie, circuiti, festival) e che prevede nuovi criteri e metodi per la determinazione dei contributi e per la verifica delle attività finanziate dall’Ente. Nel febbraio 2015 ERT è stata riconosciuta dalla Commissione Consultiva per la Prosa uno dei sette teatri nazionali connotandosi così principalmente come Ente di produzione teatrale. Parallelamente ATER è stata chiamata a gestire il Circuito Multidisciplinare Regionale dell’Emilia-Romagna previsto e sostenuto dal MiBACT che metterà in rete le diverse realtà culturali regionali potendo accedere ad importanti finanziamenti e contributi economici. Il Boiardo di Scandiano entrando nella gestione da parte di ATER potrà così beneficiare di contributi provenienti dal circuito che serviranno ad ottimizzare i costi migliorando le proposte culturali.

 

La nuova stagione proporrà 8 titoli tra prosa, teatro di narrazione, danza, musica e sarà possibile per il pubblico, a seconda delle esigenze e dei gusti, scegliere diverse forme di abbonamento: carnet a 4 spettacoli a scelta, abbonamento a 7 spettacoli. Ci saranno, come sempre, agevolazioni per le associazioni di Scandiano che potranno usufruire di sconti particolari così come ci sarà una speciale scoutistica sui singoli biglietti per alcune categorie: persone fino ai 29 anni e oltre i 60, abbonati alla rassegna di cinema d’essai, soci Coop e soci Azzurra.

 

Aprirà la stagione il 12 novembre Lella Costa con “Ferite a morte”, il progetto teatrale sul femminicidio scritto e diretto da Serena Dandini. Dopo tre stagioni nei teatri italiani, dopo essere stato rappresentato a New York, Washington, Ginevra, Bruxelles, Londra, Parigi, Lisbona, Tblisi, Città del Messico, Tunisi, Istanbul, Ferite a Morte, il progetto “Ferite a morte” che vede anche la collaborazione di Maura Misiti, ricercatrice del CNR, continua la sua tournée nei teatri italiani con grande successo. “Ferite a Morte” è un’antologia di monologhi, ispirati all’Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters, che attinge alla cronaca e alle indagini giornalistiche per dare voce alle donne che hanno perso la vita per mano di un marito, un compagno, un amante o un “ex”. La narrazione è affidata a un affiatato terzetto di attrici formato da Lella Costa, Orsetta de’ Rossi e Rita Pelusio che si alternano sul palco dando vita a uno spettacolo drammatico ma giocato, a contrasto, su un linguaggio che riesce ad essere anche leggero e ironico.

Il 10 dicembre la musica lirica verrà proposta con il concerto “Donne all’opera”. Lo spettacolo è fuori abbonamento. Si tratta di un florilegio di figure femminili da Rossini al Melodramma sino al musical attraverso alcune delle più conosciute arie d’opera e songs: Violetta, Rosina, Carmen, Gilda, indimenticabili eroine, alcune vittime del destino, altre artefici della propria sorte, ma tutte ormai, ognuna in modo differente, archetipi dell’Eterno Femminino. A loro musicisti come Verdi, Rossini, Puccini, Bizet hanno dedicato alcune delle più fulgide pagine della storia della musica. Un ensemble strumentale, diretto da Giulia Manicardi, accompagna il soprano Paola Cigna e il mezzosoprano Daniela Pini in questo vario ed avvincente viaggio musicale con l’Ensemble dell’Orchestra Cantieri d’Arte.

Non mancheranno i classi della letteratura italiana, uno per tutti, Luigi Pirandello che verrà messo in scena sempre a dicembre, il 17, con uno dei suoi lavori più conosciuti “Il fu Mattia Pascal”.

Cosa corrisponde a un semplice nome proprio? È questa la domanda alla quale intende rispondere il protagonista del romanzo di Pirandello che così inizia il suo viaggio attraverso i vari modi d’apparire di se stesso a se stesso e agli altri, il viaggio tra gli intrighi di una vita moltiplicata all’infinito che ci impedisce, tra convenzioni e compromessi, di capire chi siamo veramente. Alla ricerca dell’altra parte di sé, o della propria vera identità. Morire per vivere una vita diversa. Scoprire la propria vera identità al di là delle convenzioni che ci hanno formato. Questo il viaggio di Mattia Pascal, nell’abisso della contraddizione tra essere e apparire. Mattia Pascal è Tato Russo nel doppio ruolo di Mattia Pascal e di Adriano Meis, ma anche gli altri personaggi che concorrono alla sua vicenda si rincorrono nella storia, interpretata così dagli stessi attori in identità e personaggi diversi, quasi a scegliere di non chiarire affatto, nello spettro delle rassomiglianze, la distinzione tra i vari aspetti della realtà.

A gennaio 2016 in occasione anche del programma che l’Amministrazione organizza per la Giornata della Memoria protagonista sarà Moni Ovadia con il suo “Il registro dei peccati. Rapsodia lieve per racconti, melopee, narrazioni e storielle”.  Il mondo e l’umanità che Chagall ha trasfigurato nella sua arte suprema è autenticamente esistito. Un mondo pulsante, di esseri umani troppo umani e per questo inadatti ad un pianeta posseduto dai demoni della violenza, del razzismo, del delirio nazionalista.  La spiritualità di quella gente della diaspora ebraica che vestiva in bianco e nero era davvero coloratissima. Il khassidismo è la celebrazione della fragilità umana e della sua bellezza, e in questa celebrazione si riconosce la maestà ineffabile del divino che non si vede, il cui nome è impronunciabile, e con il quale ciò nonostante si intrattengono relazioni di familiarità e persino prossimità irriverente, senza che questa contraddizione trascorra mai nella blasfemia. Moni Ovadia il 21 gennaio condurrà per mano lo spettatore verso un mondo straordinario che è stato estirpato dal nostro paesaggio umano e spirituale dalla brutalità dell’odio, ma che ci parla e ci ammaestra anche dalla sua assenza  attraverso un’energia che pulsa in chi la sa ascoltare.

Il mese di febbraio propone uno spettacolo di danza contemporanea. Il 18 febbraio salirà sul palco del Boiardo Cristiana Morganti, la storica danzatrice del Tanztheater Wuppertal di Pina Bausch, con il suo nuovo progetto dal titolo “Jessica and me”. Lei vuole che io danzi, oppure vuole che io parli? Dietro questa domanda, rivolta da Cristiana Morganti ad uno spettatore, si cela una delle chiavi di lettura dello spettacolo. La Morganti, giunta a un momento importante del suo percorso, si ferma a riflettere su se stessa: sul rapporto con il proprio corpo e con la danza, sul significato dello stare in scena, sul senso dell’“altro da sé“ che implica il fare teatro. Ne risulta una sorta di autoritratto idealmente a due voci di efficace e spiazzante ironia, dove Cristiana rivela ciò che accade nel backstage del suo percorso professionale. Un puzzle di gesti, ombre, muscoli, tenacia, spavalderia, timidezza, ricordi e progetti.

Il 1 marzo Sandro Veronesi, scrittore e interprete di grande livello, proporrà il suo monologo dal titolo “Non dirlo. Il vangelo di Marco”. “Non dirlo” è l’ordine che Gesù fa seguire a ogni miracolo, la chiave del segreto di personalità che costituisce la trama della sua avventura terrena. Il Vangelo di Marco è Vangelo d’azione, il primo, il più breve, il più imperscrutabile, quello in cui il segreto non si scioglie nemmeno alla fine. Sandro Veronesi spreme fino all’ultima stilla il succo segreto del testo e lo propone al pubblico nella sua scintillante modernità. Il Vangelo di Marco è, nel racconto di Veronesi, una raffinata macchina da conversione, sintonizzata sull’immaginario dei suoi destinatari e per questo più simile ai film di Tarantino che ai testi degli altri evangelisti. Osservato con attenzione e ascoltato con abbandono, diventa miniera di scoperte sorprendenti, che riportano il Cristianesimo alla sua primitiva potenza, componendo il ritratto di un enigmatico eroe solitario, il cui sacrificio ancora oggi rappresenta uno sconvolgente paradosso: che ci sia bisogno della morte di un innocente per potersi liberare del proprio nulla.

La Grande Guerra sarà raccontata il 19 aprile dallo spettacolo “L’ultima estate dell’Europa” con Giuseppe Cederna che darà voce e corpo a quell’umanità di vittime e di carnefici che trasformarono l’Europa in un immenso mattatoio. Sarajevo, 28 giugno 1914. Le dieci del mattino di una splendida domenica di Giugno. Fra quarantacinque minuti due colpi di pistola sconvolgeranno il mondo. In poco più di un mese Austria, Serbia, Russia, Germania, Francia e Inghilterra si dichiarano guerra. Poi toccherà a Giappone e Stati uniti. E l’Italia? Comincia a pensarci. Ma in realtà lo sta già facendo da molto tempo. Un tumulo informe di sacchi e legni anneriti dal fuoco è la zattera cui si aggrappa il protagonista, un naufrago della Grande Guerra. Un sopravvissuto. Posseduto dall’implacabile progressione della memoria e incalzato dai temi musicali di luoghi e personaggi, Giuseppe Cederna racconta dai Futuristi ai Generali, dai fanti mandati a morire sul Carso ai loro compagni di naufragio, quegli spettri usciti dalle trincee austriache, fino agli scrittori e ai poeti le cui parole ci illuminano ancor oggi: Owen, Stuparich, Gadda, Ungaretti, Trilussa, Rumiz.

Chiude la rassegna, il 28 aprile, lo spettacolo “Non c’è acqua più fresca” di Giuseppe Battiston. L’incontro del pluripremiato attore con Pierpaolo Pasolini, un viaggio di ritorno alla terra di temporali e primule, anche autobiografico, pensato per restituire la bellezza del grande laboratorio di poesia in lingua friulana di Pasolini e il suo spessore emozionale nella nostra memoria collettiva. Un mondo che lo spettacolo intende ricreare, attraverso una selezione di poesie, delineando una struttura drammaturgica che vuol essere soprattutto un contrappunto più leggero al grande dolore che queste poesie veicolano. Non un recital, ma uno spazio per le tante voci che popolano il mondo di Pasolini, in particolare la concretezza della gioventù, con i suoi desideri, la sua tenacia: sarà il tentativo di dare vita al sogno di quelle voci, di quelle presenze. E’ Battiston stesso che dice “…la prima volta che lessi le poesie in friulano di Pasolini ero un ragazzo, uno studente, le trovai difficili, le lasciai lì… Poi negli anni –  come accade spesso con le cose messe da parte o lasciate sul comodino –  ritornandoci, compresi perché, da ragazzo, inconsapevole, immaturo, forse, non mi era stato possibile comprendere quei versi, che invece parlavano a me dei miei luoghi, i luoghi della mia infanzia. Quelle parole così mie, quei suoni, proprio quelli di mio padre, quella lingua che si parlava a tavola, mi raccontavano quella terra di ” primule e temporali”, di feste e sagre paesane, di vento, di corse in bicicletta a perdifiato, dell’avvicendarsi delle stagioni nel lavoro dei contadini. Insomma i miei ricordi invece di assumere i toni malinconici del passato, si sono ravvivati, fatti nuovi, simili a sogni, e ho così  immaginato di poter raccontare un aspetto di quella vita e di quel tempo che nella poesia di Pasolini si fanno memoria collettiva”.

Tutte le informazioni sono sul sito del teatro Boiardo www.cinemateatroboiardo.com.