Da numerosi anni, durante il periodo estivo, la cooperativa sociale Zora accoglie un gruppo di volontari provenienti da diversi luoghi del mondo ed aderenti ai progetti dello Yap (Youth Action for Peace). Yap è un’associazione internazionale laica, non governativa e senza fini di lucro, fondata nel 1971, che si collega ad altre piattaforme, reti e associazioni operative nell’ambito del servizio volontario, dell’educazione e della solidarietà internazionale al fine di creare azioni e progetti inseriti in una strategia di lungo periodo che possa sviluppare iniziative di sviluppo sociale. I servizi realizzati dall’associazione si concretizzano in campi di lavoro associati a temi di diversa natura: “ambientale”, “ristrutturazione”, “patrimonio culturale”, “storico”, “sociale”, “handicap” e “bambini”.
“Anche quest’anno, nel periodo estivo, per una durata di 15 giorni – spiega Igor Ghisio di Zora – abbiamo accolto un gruppo composto da sette volontari stranieri accompagnati da un coordinatore italiano presso i nostriCentri socio-riabilitativi Benzi e Stradora a Scandiano. Un gruppo al femminile e internazionale, con una presenza di diverse nazionalità: Italia, Danimarca, Spagna, Belgio, Ucraina, Messico e Russia. Successivamente ad alcuni momenti informativi e formativi forniti dalla nostra cooperativa rispetto alle caratteristiche della stessa, dei centri che gestisce e degli ospiti che li abitano, le volontarie hanno scelto di vivere l’esperienza all’interno di tre diverse opportunità: il Centro residenziale Stradora, il Centro diurno Benzi e il negozio Magò”. Le ragazze hanno vissuto l’organizzazione dei servizi lasciandosi coinvolgere all’interno di tutte le fasi della giornata, strutturate e non strutturate. La loro esperienza si è concretizzata come prezioso contributo al lavoro degli operatori impiegati e soprattutto come un importante opportunità di incontro e relazione naturale con gli ospiti delle strutture.
“La storia dei campi Yap presso le nostre strutture – prosegue Ghisio – ci ha insegnato che il problema della lingua non rappresenta che una barriera fittizia alla comunicazione: anche quest’anno tra gli ospiti dei Centri e i volontari si sono raggiunti elevati livelli di interazione, attraverso la comunicazione non verbale ed il fare insieme. Ad alimentare la vicinanza reciproca ha contribuito la curiosità dei ragazzi nei confronti delle tradizioni ed usanze portate dalle volontarie con diversa cultura. Nella quotidianità questa curiosità si è tradotta in vicinanza emotiva ed inevitabilmente ha sviluppato un rapporto affettivo che ha permesso di vivere con grande intensità le relazioni umane dettate da questa particolare convivenza. L’esperienza si è conclusa con un momento di ringraziamento e di saluto entro il quale sono affiorate forti emozioni da parte di tutti. Ogni volta ci chiediamo come un esperienza limitata nel tempo come quella dei volontari Yap possa dar vita a legami, se pur concretamente non duraturi, che raggiungono livelli di coinvolgimento e profondità affettiva tali da rendere doloroso il distacco al termine del campo. Probabilmente l’incontro tra il bisogno di relazione espresso dagli ospiti, la caratteristiche predisponenti all’esperienza di volontariato proprie dei giovani stranieri e le dimensioni temporali circoscritte rappresentano i giusti ingredienti per concretizzare un esperienza unica ed irripetibile che porta un arricchimento alle personalità di tutti gli attori coinvolti”.
Ecco alcune riflessioni estrapolate dal «diario di bordo» dei volontari lasciato a Zora: “Scriviamo queste poche righe per ringraziarvi di cuore per questa meravigliosa esperienza, per il vostro affetto, simpatia e amicizia per le tante emozioni che ci avete trasmesso in queste due settimane. Porteremo con noi il ricordo affettuoso di voi, dei vostri visi, dei vostri sorrisi, dei baci e degli abbracci ma anche dei vostri momenti «meno belli» e quelli più difficoltosi. Ricorderemo l’allegria, la motivazione, la professionalità e l’amore per quello che fate ogni giorno per rendere più dignitosa e facile la vita di tutti gli ospiti. Nel nostro gruppo quasi nessuno aveva lavorato a contatto con persone disabili e nonostante questo è stata un esperienza intensa che ci ha permesso di conoscere con sorpresa le loro grandi autonomie e le loro storie di vita. Ci mancheranno molto e sarà difficile terminare questa esperienza sapendo che difficilmente riusciremo a tornare”.