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Girotondo di operazioni societarie per abbattere gli utili. Le Entrate di Forlì-Cesena recuperano 230mila euro

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Le operazioni societarie erano numerose, ma l’obiettivo era uno solo: ottenere un consistente vantaggio fiscale attraverso una concatenazione di cessioni e acquisizioni, legittime sul piano giuridico, ma senza alcuna reale giustificazione economica. È il caso di un’azienda manifatturiera “intercettata” dall’Agenzia delle Entrate- Direzione provinciale di Forlì-Cesena, che al termine del controllo ha scoperto un’evasione per una maggiore imposta accertata (vale a dire l’imposta netta, non versata) vicina ai 230mila euro. La società si è opposta all’accertamento ricorrendo alla Commissione tributaria provinciale che però ha dato ragione ai funzionari del Fisco.

L’indagine – Al centro della “complessa ingegneria societaria” – come l’hanno definita i giudici della Commissione tributaria provinciale – un solo uomo, fondatore e amministratore della società, ma anche “mente” degli artifici contabili finiti sotto la lente dei funzionari. In seguito alle indagini svolte dall’Ufficio Controlli della Direzione provinciale, le numerose società coinvolte nell’operazione (sia appartenenti al gruppo, sia di nuova costituzione) sono risultate tutte riconducibili alla stessa persona, fondatore e amministratore della società “madre”. Di fatto il contribuente, attraverso una fitta rete di cessioni e acquisizioni, è riuscito ad abbattere la tassazione degli utili dal 50% ordinario a un irrisorio 4%.

La Ctp dà ragione alle Entrate – La società si è opposta all’accertamento dell’Agenzia ricorrendo alla Commissione tributaria provinciale e sostenendo che le operazioni societarie erano state realizzate per un riassetto organizzativo e commerciale. Tuttavia, i giudici tributari hanno confermato la correttezza dell’operato dei funzionari del Fisco, rilevando come l’unica finalità del “valzer” di cessioni e acquisizioni fosse il risparmio di imposta a vantaggio dell’amministratore, per un ammontare netto di circa 230mila euro.