Nell’ambito della stagione teatrale, al Teatro Boiardo giovedì 12 febbraio arriva Alessandro Bergonzoni, con lo spettacolo Nessi, di cui oltre che interprete è anche regista insieme a Riccardo Ridolfi.
Nessi, ovvero connessioni ma anche fili tesi e tirati, trame e reti, tessute e intrecciate per collegarsi con il resto del pianeta. O meglio dell’universo. È questo il nucleo vivo e pulsante del nuovo spettacolo dell’acrobata delle parole Bergonzoni: la necessità assoluta e contemporanea di vivere collegati con altre vite, altri orizzonti, altre esperienze, non necessariamente e solamente umane, che ci possono così permettere percorsi oltre l’io finito per espandersi verso un “noi” veramente universale.
Per la sua quattordicesima creazione, l’artista bolognese si trova in un’assoluta solitudine drammaturgica, al centro di una cosmogonia comica, circondato da una scenografia “prematura”, alle prese con un testo che a volte potrebbe anche essere, e questa è una vera e propria novità, una candida e poetica confessione esistenziale.
Uno spettacolo ironico, spiazzante, diverso da tanti suoi, che non è satira (“Oggi si deride il potente: ride lui, rido io e ce ne andiamo a casa contenti. A me interessa una satira più spirituale, energetica, quella dei Benni, dei Paolo Rossi, artisti veri che fanno una forma d’arte”) e oltre alle risate, chiama in causa tutti noi ai doveri verso gli altri, i figli, gli amici, i malati, i poveri, i ricchi, la natura. “È uno spettacolo che si rifà a un bisogno di nudità”, dice il comico con uno dei suoi paradossi.
Spiega ancora Bergonzoni: “Nessi è il nostro comandamento zero. Prima della Costituzione, del codice della strada, del galateo. Ci sono norme che riguardano noi, il comandamento zero, appunto: fare nesso, cucire i fili con quello che ci sta intorno. E i fili sono i sensori che abbiamo addosso, le nostre sensibilità che ci mettono nella stessa frequenza col mondo esterno. Basta attivarli. Se vogliamo migliorare lo stato delle cose, miglioriamo quello che facciamo noi. Finiamola di andare ai concerti, ammirare le immagini-denuncia della guerra in Vietnam, i volti di Gandhi o Mandela, demandare a poeti, cantanti, attori la solidarietà, la buona politica, le belle parole: De André dimmi, che mi fai sentire buono. Dobbiamo essere noi i Gandhi, i Mandela, i Peppino Impastato contro la mafia ogni giorno. Io devo essere l’intera piazza che protesta contro i femminicidi guardando le mie paure, il lato femminile che ho ucciso. Il mio comportamento è già un voto. La protesta non basta più. Fare, non protestare”.
Sulla specificità di questo spettacolo nell’ambito della sua produzione, Bergonzoni aggiunge: “E’ uno spettacolo difficile da raccontare. Posso dire che è abbastanza nuovo come ritmica rispetto ai miei lavori precedenti. Non abbandona mai la comicità, la surrealtà e la parola, ma sicuramente c’è un cambio di ruolo; io non sono solo in scena, ho tre entità premature, mi piace dire in incubazione, e spero che si possano vedere tutti i collegamenti. La risata c’è. Però è un cambio di passo. Non è “Urge 2″, non è una summa, è uno scartamento su un altro tipo di velocità, c’è una ricerca anche musicale, perché è l’orecchio il colpevole: noi non ascoltiamo, ma il pubblico è pronto a captare altre frequenze”.
Lo spettacolo avrà inizio alle ore 21.