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Intitolata a Scandiano via Popolo Sahrawi

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inaug-sharawiQuesta mattina è stata inaugurata via Popolo Sahrawi a Ventoso di Scandiano. Tanta emozione tra presenti allo scoprirsi del nuovo cartello con il nome del popolo stretto in patto di amicizia con Scandiano.
Alla cerimonia erano presenti i bambini sahrawi e i loro accompagnatori ospitati in queste settimane dalle famiglie dell’Unione Tresinaro-Secchia, il sindaco di Scandiano Alessio Mammi, l’assessore Giulia Iotti, l’assessore di Casalgrande Graziella Blengeri, il presidente del consiglio comunale di Baiso Andrea Barozzi, la presidente dell’associazione Jaima Sahrawi Federica Cani.

Parole di ringraziamento verso la comunità scandianese sono arrivate dagli accompagnatori Mainafiha, per la prima volta in Italia, e Mohamed Lebsir, che si sono detti onorati della dedica, segnale importante di appoggio verso la lotta di autodeterminazione del loro popolo. “Sin dal primo giorno del nostro arrivo ci siamo sentiti accolti – hanno detto – e vogliamo quindi ringraziare i Comuni, l’associazione, le famiglie e i volontari che si sono impegnati in questi mesi per permettere il nostro viaggio”.

“L’intitolazione arriva dopo una lunga storia di collaborazione tra Scandiano e il popolo Sahrawi – ha sottolineato il sindaco Alessio Mammi – iniziata nel 2002 con il patto di amicizia con il campo profughi di Daira Tifariti. Siamo felici di poter inaugurare questa targa, che rimarca in modo visibile la nostra vicinanza alla loro lotta pacifica e diplomatica che ha costantemente bisogno di essere sostenuta dalle istituzioni locali e internazionali.”
Emozionate sono state anche le parole di Federica Cani, presidente dell’associazione Jaima Sahrawi, che ha espresso la sua riconoscenza verso un territorio come quello reggiano, in cui le collaborazioni continuano ad aumentare.

I bambini sono arrivati nell’Unione Tresinaro-Secchia mercoledì 2 luglio assieme ai loro accompagnatori. Come ogni anno, l’obiettivo dell’accoglienza estiva è quello di offrire ai bambini e alle bambine provenienti dai campi profughi situati nel sud dell’Algeria due mesi lontano dal caldo torrido del deserto, screening sanitario, alimentazione fresca e variata, e l’opportunità di fare conoscere il dramma che sta vivendo il popolo sahrawi da quasi 40 anni.