Martedì 28 gennaio al Teatro Fabbri e a seguire il 29 al Mac mazzieri di Pavullo uno spettacolo per chi ama il teatro, per chi crede nel’importanza di esso, in quello che trasmette e in quello che insegna. E’ un teatro nel teatro dove continua la lunga riflessione di Franco Branciaroli sullo spettacolo e sul suo rapporto con la società.
Branciaroli, anch’esso figura cardine del teatro italiano, mette in scena Il teatrante, testo graffiante scritto nel 1985 dal grande romanziere e drammaturgo austriaco Thomas Bernhard, raramente rappresentato in Italia il testo fu messo in scena per la prima volta nel 1985, al Salzburger Festspiel dal regista Claus Peymann, e da lui stesso riallestito, nella stessa veste e con gli stessi attori, allo Schauspielhaus di Bochun e al Burgtheater di Vienna, nel 1986.
In un oscuro teatro di provincia, un attore-autore di origine italiana frustrato e megalomane si trova alle prese con uno spettacolo impossibile, stretto tra la propria ambizione – che gli fa scrivere testi deliranti e respingenti – e la necessità della compagnia, composta dalla sua stessa famiglia, più impegnata a sbarcare il lunario che a dare dignità al proprio lavoro.
Tra invettive e paradossi sulla vita e sulla morte, sulla società e sulla felicità, il vecchio attore vedrà ancora una volta frustrato il tentativo di portare in scena La ruota della storia, testo pretenzioso e non compreso da nessuno.
Nessuna arte come il Teatro ha come compito – si può dire fin dalla sua fondazione mitica – di fare da collante tra i due elementi, come l’uomo è corpo e anima così la società ha bisogno di senso pratico ma anche di sogni.
Il teatro in questo senso è la più completa delle arti. Ma i tempi cattivi sembrano condurre questo millenario sodalizio tra sogno e realtà verso il definitivo divorzio
Pessimista come nessun altro, Bernhard non dà possibilità di riscatto né al teatro né all’uomo. Eppure, proprio nel recitare il proprio fallimento fino all’ultima goccia di sangue, il teatro compie ancora una volta il proprio(forse inutile ma non meno sorprendente) miracolo.
Se la visione di Bernhard è tra le più pessimiste della letteratura europea, la vitalità con cui rappresenta la propria negatività contraddice le premesse filosofiche:grottesco, comico fino alle lacrime, tutto pervaso da una ruvida tenerezza che è come il fantasma dell’ormai impossibile pietà.