Desi Bruno, Garante per i diritti delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative della libertà personale, ha visitato ieri, domenica 19 febbraio 2012, il carcere di Rimini. Bruno ha descritto la situazione della casa circondariale, riportando i numeri e le notizie apprese dal comandante della polizia penitenziaria Armando Piccini, a cui sono andati i ringraziamenti del Garante.
Il carcere – spiega Bruno – ospita attualmente 204 detenuti (che nei mesi estivi arrivano anche a 300), mentre la capienza regolamentare sarebbe di 145/150. Il 70% di questi sono stranieri (maghrebini, albanesi e rumeni), mentre il 60/65% è tossicodipendente.
Nell’istituto ci sono sei sezioni, di cui una, chiamata Andromeda, prevede una custodia attenuata per tossicodipendenti finalizzata a un successivo inserimento in comunità, comprende sedici posti a cui si accede dopo un percorso selettivo.
“E’ il fiore all’occhiello del carcere riminese, – commenta Bruno – un’esperienza certamente da esportare anche in altre realtà”.
Delle altre quattro sezioni, la prima è “la peggiore – spiega il Garante – per condizioni di vita e sovraffollamento, con celle di 15/16 metri quadrati, in cui vivono 6 persone, con letti a castello a tre posti, che in estate possono arrivare a 10, con i materassi stesi a terra. Il reparto, da ristrutturare completamente, – prosegue – è fatiscente, vi piove dentro, con i bagni in pessime condizioni”. Un’altra sezione è invece chiusa in attesa di una ristrutturazione per cui i fondi dovrebbero essere già stati stanziati, ma di cui non si ha notizia. Anche in questo caso, Bruno ha assicurato il proprio interessamento, chiedendo notizie al Provveditorato regionale alle carceri sul progetto e sulle relative risorse. Ci sono poi altre due sezioni da poco ristrutturate e una per transessuali.
La popolazione carceraria è per lo più composta da persone in attesa di giudizio (68 attesa I° giudizio, 26 appellanti, 22 ricorrenti, mentre 88 sono definitivi) e sono stati segnalati alcuni casi psichiatrici. Sono assicurate due classi di alfabetizzazione per stranieri e le scuole elementari, mentre manca la scuola media. Sono presenti due psicologi, uno per la sezione “attenuata” e uno per il resto dei detenuti, con una copertura mensile di 30/36 ore. Ci sono inoltre sei educatori, due mediatori culturali (uno maghrebino e uno albanese) e un numero effettivo di agenti pari a 102/103 su una pianta organica che ne dovrebbe comprendere 145.
Ai detenuti è assicurata l’assistenza dentistica e psichiatrica e ci sono 4/5 medici generici che coprono le necessità delle persone rinchiuse per un arco temporale che va dalle 8 alle 22.
“I detenuti incontrati – sottolinea Bruno – chiedono di poter lavorare (attualmente lavorano solo 20 di loro, impegnati in attività di pulizia), di avere contatti con la famiglia e, in particolare gli stranieri, lamentano la mancanza di risorse che impedisce loro di chiamare a casa. Chiedono anche di incontrare il magistrato di sorveglianza e di avere più contatti con le associazioni di volontariato”. In carcere sono infatti presenti la Caritas, che si occupa dell’abbigliamento per gli indigenti, e i sindacati che svolgono l’attività per le pratiche di disoccupazione.
Il Garante regionale ha poi evidenziato che, con la nuova legge che prevede la detenzione domiciliare, potrebbero uscire 30/35 detenuti e che, sulla base delle informazioni ricevute dal comandante, c’è comunque una carenza di risorse che si scontra con le più elementari esigenze di vita, come per esempio la sostituzione dei materassi.
Bruno ha partecipato a un successivo incontro/dibattito sull’istituzione del Garante comunale a Rimini e sulla situazione del carcere, invitata a illustrare la propria esperienza come Garante comunale di Bologna e le funzioni della nuova figura di Garante regionale.
“Come Ufficio regionale – commenta – ho assicurato la massima disponibilità e collaborazione per la costituzione di una rete con l’amministrazione riminese per lavorare sul tema del carcere e per un maggiore coinvolgimento delle associazioni di volontariato, di cui auspico una maggiore presenza all’interno del carcere”.