Le risultanze dello studio sull’antiquariato in Italia, effettuato da Nomisma grazie al sostegno di Unica Fine Art Expo, supportano la tesi di un mercato dell’arte antica maturo, il cui valore complessivo può essere stimato in circa un miliardo di euro.
Se gli old masters e i mobili d’antiquariato presentano rendimenti bassi e rischi contenuti, gli oggetti d’arte antica (sculture, argenti e ceramiche) rappresentano un asset a sé stante, caratterizzato da un’elevata eterogeneità e, nel contempo, dal manifestarsi di “mode” su specifiche tipologie. Non ha manifestato ancora le sue potenzialità il segmento dei dipinti dell’Ottocento italiano, influenzato negativamente dalla critica internazionale.
Nel periodo 2006-2010, solo i comparti degli old masters e dei mobili antichi sembrerebbero manifestare un carattere sostanzialmente difensivo, mentre non è possibile ascrivere ai segmenti dell’Ottocento italiano e degli oggetti d’arte antica alcuna caratteristica di anticiclicità, sebbene questi ultimi abbiano comunque limitato le perdite rispetto a un investimento sul mercato azionario italiano.
In Italia, si conferma ancora elevato l’interesse per le opere di alta qualità, anche se nel settore preoccupa lo scarso ricambio generazionale e il mancato ingresso sul mercato di nuovi investitori-collezionisti. La domanda verso i beni artistici sembrerebbe, invece, manifestarsi meglio a livello internazionale, imponendo, di fatto, all’Italia l’avvio di un processo di convergenza, in termini di struttura e regole del mercato, a contesti più maturi ed evoluti.
Il rapporto viene presentato a Unica Fine Art Expo lunedì 14 febbraio nel corso del convegno “Collezionismo e investimenti: lo scenario del mercato dell’antiquariato”. L’appuntamento è alle 15.00 presso la Sala Vetri di ModenaFiere.
Il mercato antiquariale italiano risulta ancora sottile e frammentario, soprattutto se si pensa alla dimensione economica raggiunta dalle transazioni nel suo complesso (stimata in circa un miliardo di euro), rispetto ad altri settori dell’economia italiana (l’immobiliare, ad esempio, vale circa 110 miliardi di euro annui). La maggioranza degli antiquari (59,5%), intervistati poche settimane prima dell’inizio dell’edizione 2011 di Unica-Modenantiquaria, dichiara una flessione nel giro d’affari nel corso del 2010 rispetto all’anno precedente (una quota rilevante degli operatori, più dell’87%, ritiene di potere escludere aumenti, tanto lievi quanto forti) e le prospettive per il 2011 risultano solo leggermente migliori, visto che solo il 26% ritiene possibile un lieve aumento del giro d’affari del settore.
Per valutare la capacità del settore di comportarsi come un bene rifugio, il periodo di osservazione può essere quello relativo al 1995-2010, dove l’indice internazionale dei prezzi dei beni artistici (NWA), che include anche il settore antico e dell’Ottocento, evidenzia una buona tenuta del valore rispetto all’andamento dell’indice generale dei prezzi. Per testare, invece, la capacità dell’arte di essere difensiva nei periodi di incertezza e instabilità economica, è utile riferirsi al periodo 2006-2010, durante il quale solo i comparti degli old masters (NOM) e dei mobili antichi (NOF) sembrerebbero manifestare un carattere difensivo, mentre non è possibile attribuire ai segmenti dell’Ottocento italiano (NI8) e degli oggetti d’arte antica (NOO) alcuna caratteristica di anticiclicità.
Tra i possibili asset d’investimento, quello in arte sta mostrando buoni risultati in termini di rischio – rendimento, nonostante il settore risulti ancora troppo sottile e frammentario: l’investimento in arte batte quasi sempre quello in azioni, ma non riesce a sostenere il passo dell’oro. Tuttavia, sulla base delle serie storiche, è da sottolineare la marcata differenza rilevabile tra il ritorno sui mercati internazionale ed italiano, nonché il divario, a livello domestico, tra i comparti dei dipinti e mobili antichi rispetto a quelli relativi all’Ottocento e agli oggetti d’arte. A partire dal 2006, l’investimento in opere d’arte scambiate a livello internazionale ha garantito un rendimento medio annuale dell’1,1%, che risulta non elevato se comparato all’exploit del contratto derivato sull’oro (+8,1% all’anno), registrato durante la recente crisi economica, ma è risultato sicuramente in grado di garantire una protezione dall’inflazione lungo tutto il periodo, a fronte persino di un’erosione del valore degli investimenti in Borsa (-0,9% sul mercato statunitense e ben -6,3% sul mercato italiano). Significativa è poi è la differenza di comportamento, sul mercato italiano, tra i diversi settori dell’arte presi in esame in questo Rapporto – dipinti dell’Ottocento (NI8), dipinti antichi (NOM), mobili antichi (NOF) e oggetti d’arte (NOO) – soprattutto in relazione alla diversa reazione nei confronti della crisi economica. I segmenti dei dipinti antichi e dei mobili d’antiquariato hanno retto abbastanza bene durante il periodo 2006-2010, con un tasso di rendimento medio annuo rispettivamente dello 0,6% e dello 0,9%, ossia lievemente al di sotto dell’inflazione. Una protezione di valore assimilabile a quella registrata dall’investimento in nuove abitazioni situate nelle grandi città italiane (+0,3% medio annuo), ma non riscontrabile nei segmenti dell’Ottocento e degli oggetti d’arte antica che, con tassi rispettivamente pari a -4,6% e -2,5% all’anno, hanno solo limitato le perdite subite, nello stesso periodo, dagli investimenti sul listino azionario di Piazza Affari (-6,3%). Si deve, inoltre, aggiungere, che il vantaggio riscontrato dagli investitori-collezionisti che acquistano beni d’arte sul mercato internazionale oppure dipinti e mobili antichi in Italia, non è in alcun modo associato ad una maggiore rischiosità.
Ad oggi, un euro investito nominalmente in Italia nel 2006 in un campione rappresentativo di dipinti antichi e di mobili d’antiquariato risulterebbe alla fine del 2010 pari rispettivamente a 1,05 e 1,06 euro (a fronte di 2,30 per l’oro, 0,60 per l’azionario italiano e 0,98 per quello statunitense), mentre lo stesso investimento nei dipinti dell’Ottocento italiano e in oggetti d’arte (sculture, argenti e ceramiche) avrebbe garantito solo 0,64 euro e 0,71 euro.