Riceviamo e pubblichiamo: La Stazione Ferroviaria di Modena: un brutto biglietto da visita per la città. Lo squallore in cui versa il “Monumento al Ferroviere”.
L’ultimo Duca di Modena, il 23 maggio 1859, compì contro voglia il viaggio inaugurale del tratto Reggio-Modena di quella che nasceva e sarebbe diventata la (Londra-Dover)-Calais-Parigi-Lione-Torino-Piacenza-Modena-Brindisi, porto d’imbarco della “Valigia delle Indie” destinata ad attraversare il Canale di Suez. A questo grande progetto molto deve l’unità d’Italia.
Un po’ perché aveva subodorato la “fregatura” un po’ perché forse era effettivamente bruttina, Francesco V – a meno di un mese dall’esilio dell’11 giugno – definì la Stazione Ferroviaria di Modena “un brutto biglietto da visita” per la città.
Quella di oggi non è la stessa “stazione” e l’edificio appartiene alla gradevole serie di stazioni edificate nel ‘900. Rimane tuttavia, ugualmente, un brutto biglietto da visita (per una delle città più europee) a causa della sciatteria, l’incuria e la pessima gestione dell’immobile che farà rivoltare nella tomba i ferrovieri che organizzavano il concorso nazionale per le più “belle stazioni d’Italia” anche con riferimento alla tenuta del verde, dei vasi e dei fiori.
Oggi si notano solo le file interminabili di utenti in attesa agli sportelli, chiusi per oltre la metà.
A supporto dei “tabelloni” elettronici – la cui frequente sostituzione rappresenta l’attività prevalente delle manutenzioni – le informazioni, anche sui repentini cambi di binario, vengono fornite solo in italiano benché anche i più modesti apparati elettronici consentano gli annunci in più lingue.
In un continuo cantiere improvvisato, che ha fatto della stazione il luogo con il maggior numero di “tombini” per metro quadro (cinque o sei solo dove hanno “accoppato” quel bel fico che faceva bella mostra di se e del proprio “dolce” profumo) nel punto di transito verso lo scalo merci “giace” il Monumento al Ferroviere. E qui veniamo al punto più disgustoso della Stazione.
Nello spazio di transito tra il primo binario ed il posto-taxi, in prossimità della palazzina abbandonata da anni, adiacente alla scala che – in un mare di immondizia e rifiuti – scende al livello inferiore, è posto dal 30 ottobre 1985 il Monumento al ferroviere: un carrello spezzato, ad indicare la vita sacrificata alla ferrovia, una piccola fontanella, che indicherebbe la vita che continua (se l’acqua non fosse assente da anni e la piccola conca non fungesse da porta-rifiuti), spezzoni di binario sui quali sono apposte le targhe con i nomi dei ferrovieri che “Al lavoro diedero tutto, anche la vita”: le targhe rimaste … ovviamente. Dopo una precedente asportazione, un tale “Napoli” giace sul selciato ricoperto dal materasso di un povero clochard che ha giustamente ritenuto non lo si possa accusare di aver peggiorato la situazione.
In mezzo a tanta incuria, vicino alla sala d’aspetto, la “Stanza delle coccole”: pur essendo un frequentissimo-traveller non ho mai visto alcuna mamma osare chiederne le chiavi.
(D.D.M.)