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Cgil: il Comune di Modena cambia le regole sulla rappresentanza sindacale?

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cgilIn merito alla vicenda dei diritti sindacali negati al sindacato di polizia municipale Sulpm, il Sindaco di Modena, con un atto d’imperio, cambia le regole sulla rappresentanza sindacale, auspicando così che si possano trovare vie d’uscita per aggirare le norme esistenti.

Queste regole nella Pubblica Amministrazione esistono ormai dal 1998, quando è stato siglato un accordo quadro sulla rappresentatività e le agibilità sindacali tra l’Aran e tutte le organizzazioni sindacali (Sulpm compreso), il cui scopo era quello di garantire i diritti sindacali evitando però che una qualsiasi sigla di singola categoria professionale(vedi quanto avvenuto in questi anni nel settore dei trasporti…) potesse paralizzare l’attività (prima esistevano oltre 100 sigle sindacali, tanto per rendere l’idea). Il nuovo modello ha dimostrato di funzionare, tantoche nel 2001 è pure stato ripreso dalla legge (D.Lgs. 165). Da quel momento tutti, istituzioni e sindacati, si sono mossi all’interno di quel quadro di regole condivise. Dai dati forniti dall’Aran, il Sulpm è sceso sotto il 5%, che è la quota per essere riconosciuto come sindacato rappresentativo.

E’ indiscutibile il fatto che il personale della Polizia Municipale svolga funzioni specifiche, particolarmente delicate, rischiose e a volte affatto piacevoli per gli operatori, ma è altrettanto indiscutibile che la Polizia Municipale è un servizio, sicuramente importante e delicato, incastonato nell’organizzazione dell’intero Comune di Modena. Considerarlo una cosa a parte, e parlare solamente dell’operato della Polizia Municipale è una gravissima mancanza di rispetto per tutti i lavoratori del Comune. L’Amministrazione Comunale, per perseguire i propri programmi, ha bisogno di tutti i propri dipendenti, e non solo di una parte, che magari trova sulla stampa una maggiore attenzione.

Come devono sentirsi in questo momento i lavoratori delle case protette, che lavorano 365 giorni all’anno, 24 ore su 24, a contatto con la sofferenza ed il dolore degli ospiti delle strutture, e che possono essere chiamati in piena notte, fuori servizio, per un’emergenza? Devono sentirsi una corporazione e comportarsi come tale? E le assistenti sociali, ad esempio quelle che si occupano dei minori in difficoltà, che hanno in carico mediamente 120 casi contemporaneamente e rischiano quotidianamente denunce a causa della delicatezza dell’attività? O magari potremmo parlare di chi lavora nei “nidi” e nelle “materne”, che si occupa dei figli di un’intera comunità. Deve esserci un’elezione di rappresentanti all’interno di ogni asilo nido? (giova ricordare che le elezioni dei rappresentanti dei lavoratori sono quelle del Comune di Modena, non quella nella P.M., nel settore cultura, nel Nido Giardino, ecc…). E ci sono anche lavori più oscuri, ad esempio gli addetti dell’ufficio anagrafe o dell’ufficio tributi o degli sportelli dei servizi alla persona, che, parimenti agli agenti della Polizia Municipale, hanno a che fare con un utenza spesso non tanto bendisposta . Per non parlare di tutti quelli che si occupano di attività sul territorio come la pianificazione, la cultura, il traffico. O più semplicemente degli operatori di quei tanti uffici di servizio agli altri, senza i quali però l’intera attività comunale si bloccherebbe. E quanti lavoratori si arrabbieranno leggendo questi pochi esempi, perché l’elenco potrebbe continuare per intere pagine.

E’ bene ricordare che a tutti i lavoratori del Comune di Modena, siano essi in divisa o meno, nell’anno 2008 sono stati tagliati 630.000 euro dal fondo incentivante (grazie ai provvedimenti Brunetta), ma che nessun sindacato e nessun lavoratore ha mai proposto di non effettuare più o ridurre i tanti servizi aggiuntivi che il Comune di Modena ha messo in piedi in questianni. A questo punto nessuno può garantire quale sarà la reazione di tuttequelle persone di cui l’Amministrazione pare essersi dimenticata. Ilrischio evidente è quello del crearsi di tante corporazioni, di una babele dove ogni gruppo di lavoratori, a seconda della propria forza, vorrebbe in via presunta una propria rappresentatività, però solo per quel gruppo di lavoratori. Riteniamo invece che le giuste rivendicazioni del personale di Polizia Municipale, già sovraccaricato di compiti, aspettative e lavoro, debbano essere sì portate avanti e fatte oggetto di discussione, ma in un quadro complessivo, e che anzi in un contesto di unità con gli altri lavoratori questo possa avvenire in modo più equilibrato ed efficace.

Il Sindaco Pighi con le proprie dichiarazioni e coi propri atti purtroppo rischia di creare le basi per tutto questo, dove ognuno si sentirà in diritto, aldilà di una rappresentanza nazionale, di pretendere i diritti sindacali. Se applicassimo il metodo del Comune di Modena alle elezioni, tutti i partiti che non sono entrati in Parlamento perché non hanno raggiunto a livello nazionale il 4% di voti, ma magari in una singola circoscrizione elettorale sì, avrebbero il diritto di pretendere di avere deputati o senatori. Non hanno questo diritto, ma hanno invece quello di entrare nei consigli comunali, esattamente come il Sulpm si è presentato alle elezioni per la Rappresentanza Sindacale Unitaria dei lavoratori del Comune di Modena ed ha ottenuto l’elezione di 3 rappresentanti, che hanno giustamente tutti i diritti e le agibilità sindacali che spettano agli eletti nella RSU. Inoltre il Sulpm e tutti gli altri sindacati oggi “non rappresentativi”, potranno nuovamente cercare di riconquistare la rappresentatività alle nuove elezioni della Rsu, da soli od anche in forma aggregata (lo stesso Sulpm, fino a pochi anni fa, faceva parte di un’unione di sindacati denominata Diccap, così come ora aderisce alla confederazione Ugl). Sicuramente si poteva fare diversamente per dare una risposta a quanto chiedeva il sindacato Sulpm, che almeno all’interno del Comando di Polizia Municipale di Modena gode comunque di un importante consenso (ed infatti i propri rappresentanti eletti stanno utilizzando una consistente quantità del monte ore RSU). Ma questa, oramai, è un’altra storia.