La stagione di prosa dei due teatri della provincia prosegue con l’omaggio a uno dei più conosciuti e rappresentati drammi d’amore: Romeo e Giulietta di William Shakespeare nella messa in scena del giovane regista Ferdinando Bruni. Ancora una volta la tragedia dei due amanti veronesi si ripeterà sui palcoscenici del Teatro Dadà di Castelfranco Emilia nella serata del 3 Marzo e dell’Auditorium Ferrari di Maranello in quella seguente del 4 Marzo. Il sipario s’apre alle ore 21.
Nella nuova produzione Teatridithalia della tragedia shakespeariana, Ferdinando Bruni dirige un cast ricco di giovani interpreti, affidando il ruolo di Giulietta a Federica Castellini, attrice venticinquenne, formatasi alla Scuola del Piccolo Teatro, e quello di Romeo a Nicola Russo, attivo nelle produzioni dell’Elfo sia come interprete che come regista. Edoardo Ribatto (lo straziante Prior Walter di Angels in America) è Mercuzio.
«Romeo e Giulietta – ci ricorda il regista nelle sue note – rappresenta da una parte un inno alla giovinezza, alla passione, alla velocità’, al pericolo; dall’altra un presagio di rovina, un memento mori. Contrasti e contraddizioni abbondano in uno dei testi piu’ celebri di William Shakespeare. Contrasti nel tema in bilico tra eros e morte, nei personaggi divisi tra giovani e vecchi, nel linguaggio che si alterna tra poetico e quotidiano, fino alla spiegazione che si vuole dare della catastrofe finale divisa tra destino ed incidente. Tutta l’opera riverbera di contrasti: fra buio e luce, notte e giorno, gioia e lutto, balli e funerali. Ed è proprio il rapido passaggio da uno stato all’altro che mette in pieno risalto la loro potenza.
Ma il contrasto portante di tutta l’opera, quello che muove la dinamica delle emozioni, del coinvolgimento di chi assiste fosse anche all’ennesima rappresentazione di” Romeo e Giulietta” e che la rende sempre tragicamente attuale è quello tra un amore assoluto, di una purezza che proprio la sua brevità e il suo destino di morte rendono totale, e un odio altrettanto assoluto, cieco, in quanto ormai immemore delle ragioni della sua nascita.
Una lunga scia di sangue frutto di faide, di lotte faziose, di scontri politici o religiosi perseguiti con l’ottusa bestialità delle risse fra tifoserie collega la storia tragica dei due amanti di Verona con le vicende sanguinose della nostra epoca, e non ci sarà bisogno di ambientare la vicenda in Kossovo o in Israele, in Irlanda o nei Paesi Baschi, perché le parole di Shakespeare e la tragica fine dei suoi personaggi non risuonino in noi, perché le lotte fra Capuleti e Montecchi non richiamino alla mente altre lotte più vicine nel tempo e nello spazio.
Quindi scena del nostro spettacolo sarà ancora una volta Verona: una Verona cupa, stremata da queste lotte, percorsa dai bagliore delle fiaccole delle ronde, risuonante dei clamori delle risse, dal clangore delle armi, ma anche capace di feste, di balli, di scherzi e risate.
Al centro dello spazio, nel cuore della battaglia, in un luogo di silenzio, di allodole, di usignoli, di raggi di luna, dimentichi di tutto se non di loro stessi, Romeo e Giulietta vivono “la passione più cristallina, più sana e più positiva regalataci dalla letteratura occidentale” (Bloom), proprio perché tutta costruita sull’attesa del piacere, su piaceri non vissuti».