Era il 7 gennaio quando Minozzi annunciava la messa in liquidazione della ceramica Iris e da allora il fermo rifiuto di lavoratori, sindacati e istituzioni di questa proposta inaccettabile ha evitato una drammatica prospettiva per centinaia di famiglie modenesi. Tutto questo è positivo ma non è sufficiente, visto che sono ancora 250 i lavoratori che rischiano il posto di lavoro.
Oggi sappiamo che l’esito del secondo incontro in Regione fra le parti interessate ha messo a nudo cosa c’era realmente dietro il bluff della minaccia di liquidazione: la volontà della proprietà di far pesare il momento “buio” della ceramica solo sulle spalle dei lavoratori ritirandosi dall’azienda con un bottino di milioni di euro.
Tutto ciò è inaccettabile visto quali sono stati negli ultimi anni i profitti grandiosi incamerati da Minozzi e resi pubblici da diversi organi di informazione. Soltanto fra il 2003 e il 2007 il gruppo Iris e Granitifiandre ha prodotto complessivamente 200 milioni di euro di profitti netti, per non parlare della liquidità del gruppo, frutto di investimenti finanziari, che superava a fine 2007 i 240 milioni di euro. Se Minozzi speculando in borsa ha perso 70 milioni di euro non possono e non devono essere i lavoratori a pagare per lui!!
Hanno fatto bene tutte le parti interessate a rifiutare l’atteggiamento assunto da Iris, perchè se c’è la crisi di certo non ne hanno responsabilità i lavoratori ed è ora che la crisi la paghino i padroni. La politica della socializzazione delle perdite e la privatizzazione dei profitti deve essere respinta.
Perciò nessun lavoratore Iris dovrà essere licenziato. Per arrivare a ciò, oltre ai prepensionamenti per chi volontariamente decidesse tale strada, il PRC propone nuovamente di attuare la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario fino al riassorbimento di tutto l’eventuale organico in eccesso, anche attraverso l’applicazione di contratti di solidarietà in cui l’azienda dovrebbe provvedere a pagare l’integrazione salariale necessaria per tutelare al 100% gli stipendi dei lavoratori. A questo si deve aggiungere la necessità di un piano industriale serio di rilancio basato su investimenti nell’azienda e non nelle speculazioni borsistiche. Un piano industriale che veda la riorganizzazione produttiva e qualitativa del gruppo senza toccare i livelli occupazionali. I soldi si devono prendere dagli esorbitanti profitti che il gruppo ha fatto in questi anni e non buttando 250 lavoratori in mezzo ad una strada.
In questa fase al fine di evitare che centinaia di famiglie sprofondino nella povertà, nessun lavoratore può essere licenziato.
Sollecitiamo, inoltre, le istituzioni a fare ogni sforzo affinché possano essere messi in campo tutti gli strumenti di protezione sociale che gli Enti Locali possono attuare, a partire dalla anticipazione della cassa integrazione, dal blocco delle tariffe dei servizi, da accordi con le banche per la sospensione gratuita delle rate dei mutui prima casa e dalla formazione di fondi di garanzia per le famiglie in affitto.
(Stefano Lugli, Segretario Federazione PRC Modena
Daniele Prampolini, Responsabile lavoro Federazione PRC Modena
Giuseppe Cassetti, Segretario PRC Distretto ceramico)