Il licenziamento di 800 lavoratori, ai quali aggiungere l’indotto, da parte della ceramica IRIS, confermano i criteri basilari del sistema capitalistico: sfruttamento della forza lavoro con l’obiettivo del massimo profitto, asservimento della classe politica a puro mezzo per accumulo di capitale.
L’unica strategia produttiva delle aziende cramiche è stata la sovrapproduzione. Pur di assecondare questa nefasta strategia sono stati introdotti orari di lavoro impossibili, ritmi di produzione altissimi, è stata importata manodopera a basso salario per creare le condizioni di concorrenza tra i lavoratori in modo da tenere bassi i salari. Le giunte comunali che si sono susseguite nel governo del territorio hanno fatto la loro parte, approvando piani di espansione edificatoria, sia residenziale che produttiva, consumando tutto il territorio disponibile per altre destinazioni. Non era difficile prevedere che tali volumi produttivi avrebbero finito per saturare il mercato. Si danno le colpe alla concorrenza, quando essa è il sale dell’economia di mercato; l’anomalìa, semmai, era il quasi monopolio nella produzione di piastrelle in cui hanno operato le aziende ceramiche negli anni scorsi. Se sfruttare risorse umane e naturali fino in fondo per ottenere il massimo profitto è l’unica azione ispiratrice dei poteri economici, compito della politica era quello di prevenire la grave crisi che è in atto, creando le condizioni per una diversificazione del tessuto produttivo nel territorio, favorendo le condizioni per una riqualificazione della forza lavoro verso le nuove tecnologie, le energie rinnovabili, in modo da trovare immediati sbocchi alla grave crisi occupazionale che può rappresentare oggi solo l’inizio di un pozzo senza fine. Invece , anche a crisi conclamata, la giunta comunale ha continuato a riporre piena fiducia nelle capacità imprenditoriali locali, rifiutando ancora una volta il ruolo necessario di guida di un tessuto sociale ormai pieno di incertezze per il futuro.
Si è continuato ad indebitare la collettività con l’accensioni di altri prestiti obbligazionari, si sono aumentati tributi locali, si è sperperato denaro pubblico in inutili ristrutturazioni, si è continuato a scaricare le colpe dell’insicurezza sociale sulla popolazione immigrata, colpendola con scellerate ordinanze di sgombero che hanno provocato e stanno provacando ulteriore sperpero di denaro pubblico. Oggi, di fronte all’annuncio dei licenziamenti in massa dei lavoratori, si alzano ipocrita grida di sdegno da parte degli amministartori locali, forse perchè accortisi della loro determinante complicità nella situazione in cui ci troviamo, situazione che per vari anni hanno voluto delibaratamente ignorare nonostante i tanti appelli arrivati da più parti. Una soluzione definitiva interna a questo sistema economico non c’è. La sovrapproduzione con conseguente saturazione dei mercati è la naturale involuzione del capitalismo. L’introduzione della moneta unica, le guerre imperialste, l’intervento di denaro pubblico quale sostegno economico al sistema rappresentano solo delle azione temporanee volte a dare breve ossigeno ad un sistema ormai al collasso. Si parta dai licenziamenti dell’IRIS per chiedere la nazionalizzazione senza indennizzo dell’azienda e di tutte le aziende in crisi. Se nella patria del capitalismo, gli USA, lo Stato è intervenuto per rilevare colossi bancari, perchè in Italia non può avvenire lo stesso iniziando proprio dal Gruppo produttivo dell’IRIS, continuando così la produzione sotto il controllo dei lavoratori, che in libere assemblee decidono strategie produttive, orari e ritmi di lavoro. Tenendo ben presente che l’unica cosa indispensabile in un processo produttivo è il lavoro manuale ed intellettuale, il resto è solo eccedenza.
Capuozzo Rocco
Capogruppo consiglio comunale
di Sassuolo