C’è ”grande attenzione” in Italia nei confronti del terrorismo, ”specie dopo l’arresto un mese fa a Milano di due islamici che progettavano attentati al Duomo, a ipermercati e caserme dei carabinieri. Ma a preoccupare è l’evoluzione del quadro complessivo, in cui s’intrecciano mutazioni sociali, aspetti religiosi, tentazioni di strane alleanze tra frange della cosiddetta sinistra antagonista e gruppi radicali di immigrati di seconda generazione. Rischiamo si sviluppi da noi un fenomeno simile a quello delle banlieue parigine”.
A sottolinearlo è il ministro dell’Interno Roberto Maroni in un’intervista al settimanale ‘L’Espresso’ in edicola domani.Per intervenire in maniera adeguata ”bisogna prima capire. Ho commissionato un’indagine alla Cattolica di Milano. Dispongo della mappa esatta di tutti i centri islamici. Sto vagliando le proposte presentate in Parlamento, come quella della Lega per sottoporre a referendum locale l’apertura di nuove moschee. Quando avrò sufficienti elementi – rileva Maroni – li porterò all’attenzione del governo e del Parlamento. Perché davvero non è una questione che possa risolvere il ministro degli Interni”.Ma in materia di sicurezza ”i bilanci li farò alla fine del 2009. Ciò che ora mi interessa è capire se è cambiato il clima, se grazie alle misure che abbiamo preso la percezione di sicurezza è maggiore o no” prosegue il ministro, sottolineando che ”la prima fase è quasi conclusa: modifiche legislative e nuove disposizioni di legge sono state tutte approvate dal governo, e per tre quarti anche dal Parlamento”. Le misure di aggressione ai patrimoni della criminalità organizzata ”hanno già portato risultati molto interessanti: nel 2007 sono stati sequestrati beni ai mafiosi per un miliardo e mezzo di euro, nel 2008 abbiamo superato i 4 miliardi”. Prima dell’approvazione del pacchetto sicurezza, ricorda Maroni, ”un bene sequestrato veniva spesso restituito al mafioso, o agli eredi se deceduto. Noi abbiamo approvato una norma che distingue le misure cautelari personali da quelle patrimoniali: i beni confiscati saranno sempre di più. Il che pone ulteriori problemi”. ”Il problema – spiega – sono le imprese. Ho fatto una verifica: su 370 sequestrate, 350 sono fallite. Giusto per quelle che sono pura copertura del riciclaggio, ma le altre? Quelle con veri dipendenti e produzioni che però vendono perché i compratori sono obbligati a comprare, sono in grado di stare sul libero mercato? Vanno poi sicuramente salvaguardate le imprese funzionanti come tali: penso alla catena di supermercati sequestrati nel trapanese al cassiere del boss Matteo Messina Denaro. Ma ci vogliono manager, non basta un commercialista nominato dal tribunale. O falliranno e tutti i dipendenti diranno: ‘si stava meglio con la mafia, unico vero ammortizzatore sociale”’. Per questo motivo è necessario ”studiare un sistema che, con l’intervento dello Stato, le aiuti a funzionare”.Poi sui militari inviati in Campania ai fini di prevenzione della criminalità, sono serviti ”a liberare centinaia di agenti, sorvegliare le postazioni sensibili, riprendere il controllo del territorio. E senza intralciare il lavoro degli investigatori. I capi dei capi godono di maggiori protezioni omertose, ma l’attività delle forze dell’ordine e della magistratura è stata eccellente: in sei mesi – ricorda Maroni – sono stati arrestati, in tutta Italia, 70 tra i cento più pericolosi latitanti, e 10 fra i primi 30. In case normali, non in rifugi segreti in qualche grotta”.I tagli della Finanziaria al bilancio del ministero dell’Interno ”non incidono sull’efficienza del sistema. I tagli li deciderò io, rivedendo le piante organiche e cancellando venti posizioni dirigenziali. Alle forze dell’ordine – assicura il responsabaile del Viminale – non sarà tolto un euro. Anzi: ho fatto tre riunioni con le banche, le Poste, Equitalia e il ministero della Giustizia per rendere disponibili i conti, dormienti perché dimenticati, sequestrati alla criminalità organizzata. Entro gennaio conto di ottenere 100 milioni sulle future spettanze”.
Fonte: Adnkronos