L’industria italiana della ceramica è stata uno dei settori protagonisti del negoziato comunitario, tenutosi in questi giorni a Bruxelles, relativo alle azioni svolte a favore del Climate Change. L’accordo raggiunto in seno al Consiglio Europeo ha riequilibrato le più preoccupanti distorsioni competitive contenute nella proposta della Commissione Europea, anche se c’è ancora bisogno di approfondimenti tecnici e di seguire con attenzione le attività applicative dell’intesa.
La soluzione raggiunta dovrebbe comunque garantire alle imprese ceramiche italiane l’assegnazione gratuita delle quote di emissione: così è stato, di fatto, riconosciuto che le tecnologie produttive delle imprese ceramiche italiane sono ai livelli più avanzati nel benchmark internazionale.
L’originaria proposta della Commissione Europea, che prevedeva l’assegnazione a pagamento mediante un meccanismo d’asta dei diritti di emissione, avrebbe determinato senza alcun tangibile vantaggio per l’ambiente una grave penalizzazione competitiva per il settore ceramico, nel quale l’industria italiana ha una leadership internazionale.
Questo risultato non sarebbe stato possibile senza l’attività svolta da parte del Governo Italiano, del Ministero dell’Ambiente e del Dipartimento Politiche Comunitarie del Ministro Andrea Ronchi. Fondamentale poi l’incessante attività della Confindustria guidata da Emma Marcegaglia, il cui impegno in prima persona non solo ha messo a fuoco i rischi potenziali per tutta l’industria manifatturiera italiana, ma anche per aver mobilitato su questi temi tutta l’industria europea, permettendo così il raggiungimento di un accordo che dovrebbe evitare delocalizzazioni e conseguenti perdite di posti di lavoro diretti e nell’indotto.
Ora diventa basilare la fase di applicazione dell’accordo, così come è fondamentale la clausola di revisione ottenuta dal Governo Italiano, che permetterà di verificare che gli impegni presi a livello politico dall’industria europea non vengano bypassati da meccanismi burocratici.