Si allarga in modo preoccupante la forbice tra l’andamento economico reale delle imprese e la fotografia virtuale che scatta annualmente il Fisco attraverso gli studi di settore. È questo il segnale più eclatante che emerge dalla elaborazione effettuata dall’Ufficio Economico della Confesercenti Emilia-Romagna, che ha analizzato gli Studi di Settore degli ultimi tre anni d’imposta, 2005, 2006, 2007 su un numero considerevole di PMI del commercio, turismo e servizi a livello regionale. Obiettivo dell’analisi valutare l’impatto derivante dall’introduzione degli Indicatori di Normalità Economica, che hanno gravato dall’anno d’imposta 2006.
Molto ampio il panel di aziende monitorate, un numero che sottolinea la valenza statistica della rilevazione svolta. In particolare sono state analizzate 10.320 nel 2005, 10.908 nel 2006 e 11.540 nel 2007. La lente d’ingrandimento ha messo a fuoco ben 156 Studi di Settore.
Due i parametri che rimarcano come l’applicazione degli Indicatori di Normalità Economica abbiano inciso in modo negativo nel rapporto tra fisco e impresa: la congruità, vale a dire l’aderenza spontanea ai valori indicati dal Fisco e gli adeguamenti, cioè la capacità delle imprese di rientrare nei parametri definiti dagli Studi di settore. Rispetto alla congruità i numeri sono inequivocabili: nel 2005, prima dell’introduzione degli Indicatori di Normalità, avvenuta nel 2006, le aziende congrue erano il 69%, nel 2006 sono scese al 47% e al 46% nel 2007.
Assistiamo perciò ad un calo drastico della capacità da parte delle imprese a rientrare spontaneamente. A livello regionale tra il 2005 e il 2006 la diminuzione è stata particolarmente significativa arrivando al 22% e al 23% tra il 2005 e il 2007.
L’aumento della distanza tra il reale andamento dell’impresa e quanto richiesto dal Fisco è ulteriormente suffragato dall’analisi dei dati sugli adeguamenti.
Fra le ditte che non sono riuscite naturalmente a rientrare nei parametri degli Studi di Settore, numero, come ricordato, in crescita, si assiste ad un calo rilevante anche di quelle che, comunque, non sono state in grado di adeguarsi. Ancora una volta i numeri sono chiarissimi: nel 2005 tra le imprese non congrue il 64% era riuscito ad adeguarsi, percentuale che l’anno dopo si è quasi dimezzata arrivando al 35%.
Nel 2007, infine, il dato è leggermente risalito assestandosi al 36%.
Decisamente significativo il dato relativo all’aumento della pressione fiscale sulle imprese. Coloro che hanno provveduto all’adeguamento al fine di evitare lunghi ed incerti contenziosi con il fisco, hanno infatti dovuto sostenere maggiori imponibili per circa 8.800 euro ad impresa.
«Pur all’interno di diversità tra i singoli settori – afferma Stefano Bollettinari, Segretario Regionale Confesercenti Emilia-Romagna – l’analisi complessiva evidenzia quindi come la forbice fra la redditività reale delle imprese e gli Studi di Settore si sia progressivamente allargata. Occorre prioritariamente rilevare che l’utilizzo di strumenti rigidi come gli Studi di settore per misurare i ricavi risulta chiaramente inadeguato in quanto non rispondono più ai cambiamenti repentini determinati dalla crisi economica, crisi che, sempre più spesso condiziona, negativamente l’andamento delle imprese.
Con la massima urgenza e già a partire dall’anno d’imposta 2008 – continua Bollettinari – occorre quindi rivedere profondamente i parametri utilizzati per determinare i ricavi e la redditività delle imprese per correggere le distorsioni che stanno emergendo e introdurre maggiori elementi di correttezza e trasparenza nel rapporto tra impresa e fisco. In alternativa saranno sempre meno le imprese in grado di sostenere l’imposizione fiscale richiesta. A questo occorre aggiungere che la recessione economica che determina un pesante impatto sui consumi, oltre che una maggiore difficoltà di accesso al credito, andrebbe ad innescare una spirale negativa destinata a relegare le imprese sempre più verso la marginalità o addirittura l’espulsione dal mercato come peraltro i dati relativi ai flussi delle iscrizioni e cancellazioni alle Camere di Commercio stanno purtroppo confermando».