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Crisi Parmigiano-Reggiano: la posizione di Confagricoltura Emilia-Romagna

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Prosegue senza sosta l’impegno di Confagricoltura Emilia-Romagna, a fianco dell’assessore regionale all’Agricoltura Tiberio Rabboni e al presidente del Consorzio del Parmigiano-Reggiano Giuseppe Alai, per mettere a punto un pacchetto di proposte a tutela dei produttori colpiti dalla crisi del comparto.

L’associazione propone che per affrontare lo stato di crisi – negli ultimi tre anni il reddito delle aziende produttrici ha registrato una flessione del 41% – siano attivate una serie di iniziative nell’immediato. Nello specifico viene proposto: il ritiro dal mercato di 100 mila forme di Parmigiano-Reggiano attraverso i bandi Agea per l’acquisto di beni alimentari destinati a indigenti e Paesi poveri; la sospensione della normativa antitrust per 3 anni, per consentire la riorganizzazione della filiera attraverso l’attuazione di misure previste dal Consorzio di tutela per limitare la produzione; il cofinanziamento da parte del ministero alle Politiche agricole delle campagne promozionali all’estero; l’inserimento del Parmigiano-Reggiano, in quanto formaggio a pasta dura a lunga maturazione e quindi prodotto non deperibile, tra i prodotti disciplinati dalla normativa per le vendite sottocosto; la richiesta di contributi per la stagionatura. Il pacchetto di richieste è stato portato all’attenzione del tavolo tecnico, aperto il 10 ottobre presso il ministero, dalla delegazione emiliano-romagnola.



I produttori di latte destinato alla produzione di Parmigiano-Reggiano di Confagricoltura dell’Emilia-Romagna ritengono inoltre che, per governare le criticità a medio e lungo termine ed evitare il ripetersi di situazioni di crisi che sempre più frequentemente colpiscono il prodotto,debbano essere affrontati a livello regionale e di comprensorio i seguenti temi.



E’ necessario – spiega il presidente di Confagricoltura Emilia-Romagna Mario Girolami -: il contenimento e l’abbattimento dei costi di produzione a carico delle aziende agricole attraverso sia la semplificazione degli iter burocratici e sia il blocco di norme ed adempimenti regionali e/o locali e delle relative sanzioni, non sostenibili dalle imprese; l’intensificazione dei controlli per togliere le contraffazioni dal commercio in particolare nei settori del porzionato e del grattugiato; la promozione di iniziative regionali sui progetti di filiera per la commercializzazione al di fuori del contesto della GDO e con l’estero; l’aggregazione attraverso la creazione di consorzi di commercializzazione fra i caseifici; la messa in campo di contributi all’abbandono della produzione per i caseifici usciti dall’aggregazione, con l’introduzione, in caso di fusione, del vincolo del cambio di destinazione d’uso per terreni e fabbricati rurali e l’eventuale recupero e trasferimento della cubatura; il coinvolgimento dei Consorzi fidi attraverso l’allocazione di risorse sia per le aziende agricole che hanno effettuato investimenti (comprese le strutture per la stagionatura), l’abbattimento dei tassi di interesse e la loro rinegoziazione con gli istituti bancari, sia per il sostegno dei costi di stagionatura al fine di evitare l’immissione sul mercato di prodotto per far fronte alle necessità finanziarie; l’innovazione in termini di immagine e packaging, nonché nella ricerca su metodi di esportazione atti a garantire il mantenimento della qualità; la formazione degli imprenditori per dotarli di conoscenze adatte a gestore le problematiche della commercializzazione comune e dell’accesso ai mercati nazionali ed esteri; una maggiore azione sul fronte della ricerca e dell’innovazione sia dal punto di vista della produzione che della commercializzazione; la risoluzione del problema della promozione dei marchi commerciali, ammissibili ma non finanziabili dal Consorzio, il quale dovrebbe promuovere e tutelare il solo marchio Parmigiano Reggiano; l’ottimizzazione, il controllo ed il ridimensionamento dei costi all’interno della struttura consortile, con l’eventuale eliminazione delle sezioni provinciali”.



La gravità della situazione impone sia alla Regione che al mondo agricolo di trovare in modo responsabile delle soluzioni, non facendole restare, come accaduto in passato, “emerite enunciazioni”.