Ieri mattina, domenica 14 settembre 2008, alle ore 10, il vicesindaco Maria Paola Bonilauri, accompagnata dal gonfalone comunale e dai consiglieri comunali Alessandro Corbelli e Michele Iacaruso, ha posato un fiore ai piedi del muro al quale furono legati i cinque partigiani uccisi la notte del 15 febbraio 1945. Quel muro è stato trasformato in monumento, circondato dal Giardino della Memoria e della Pace, nel cuore della comunità: la rinnovata piazza Ciro Menotti.
Con questo semplice gesto l’Amministrazione Comunale ha accolto l’invito dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia di Modena, rivolto a “Istituzioni, Associazioni, Sindacati, Partito politici e singoli cittadini a posare un fiore nei luoghi del ricordo dei Caduti partigiani”, in seguito al comunicato stampa diffuso dall’Anpi nazionale “Sulle dichiarazioni del Ministro Ignazio La Russa rilasciate l’8 settembre 2008 in occasione del 65° anniversario della difesa di Roma a Porta S. Paolo”.
Il testo del comunicato, ricordando le parole del Ministro (Anche i militari dell’RSI combatterono per la difesa della Patria), “espressione di un revisionismo che pone sul medesimo piano storico ed etico dittatura e libertà, totalitarismo e democrazia”, ribadisce “quella che è una verità storica inoppugnabile: in Italia c’è chi si è battuto per ridare libertà e dignità alla nazione – i partigiani, i 600.000 militari deportati nei campi di concentramento nazisti e le truppe angloamericane – e chi per riaffermare un dominio assoluto e criminale, ricorrendo anche a stragi di civili innocenti e deportazioni, cui parteciparono attivamente i militari della Repubblica di Salò già considerati dall’allora legittimo governo italiano collaborazionisti dei nazisti e quindi perseguibili penalmente”.
L’Anpi “per evidenziare sempre di più l’importanza e l’urgenza della Memoria” fa sue le parole del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano pronunciate proprio in occasione della celebrazione per il 65º anniversario della difesa di Roma a Porta S. Paolo: “Ho sempre sottolineato un duplice segno della Resistenza: quello della ribellione, della volontà di riscatto, della speranza di libertà e di giustizia di tanti giovani che combatterono nelle formazioni partigiane sacrificando in non pochi la loro vita; e quello del senso del dovere, della fedeltà e della dignità che animarono la partecipazione dei militari, compresa quella dei 600mila deportati nei campi tedeschi che rifiutarono l’adesione alla Repubblica di Salò”.