In data odierna, al termine di una complessa attività di Polizia Giudiziaria, la Polizia Municipale del Comprensorio Ceramico, su delega del Pubblico Ministero presso il Tribunale di Modena, dott. Giuseppe Tibis, ha dato esecuzione a tre mandati di cattura, emessi dal GIP presso il Tribunale di Modena, dott. Alberto Ziroldi a carico di tre cittadini di nazionalità cinese, una donna e due uomini, accusati di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, all’impiego di clandestini in attività lavorativa ed all’evasione contributiva. Nel corso della stessa indagine, altre 2 persone sono state denunciate a piede libero per gli stessi reati, mentre altri 15, sempre di nazionalità cinese, sono state denunciate per violazione della legge sull’immigrazione e l’uso di documenti falsi.
Ad un anno esatto di distanza dalla conclusione dell’indagine “Scatole Cinesi” la Polizia Municipale del Distretto Ceramico (Sassuolo, Formigine, Maranello e Fiorano Modenese) ha portato a compimento un’altra complessa operazione di contrasto al lavoro nero sgominando un altra associazione a delinquere composta da persone di nazionalità cinese che operava nel settore ceramico e gestiva due aziende nei comuni di Maranello e Sassuolo
L’indagine, condotta anche con la collaborazione dell’INPS di Modena e del Servizio Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro, dell’ASL di Sassuolo, ha preso spunto da un controllo effettuato presso un laboratorio situato a Maranello (Cutting Tile) all’interno del quale erano stati individuati nr. 15 lavoratori clandestini che successivamente erano stati trasferiti presso una ditta di Sassuolo (NewEurojolly).
L’attività investigativa condotta dalla Polizia Municipale, ha consentito di accertare che a gestire le aziende erano state designate due “teste di legno” mentre in realtà la gestione faceva capo ad un sodalizio criminale composto da altre tre persone.
I controlli effettuati presso le due aziende, hanno consentito agli inquirenti di identificare compiutamente circa una quarantina di persone di nazionalità cinese.
Dai confronti attivati presso la banca dati Afis del Ministero degli Interni (esame delle impronte digitali) è emerso che almeno 15 persone risultavano essere clandestine e che, nella maggioranza dei casi, i loro documenti erano stati falsificati.
Gli approfondimenti effettuati sulle posizioni dei 15 lavoratori, ai quali l’organizzazione garantiva anche vitto e alloggio, hanno consentito di contestare anche il reato di favoreggiamento della permanenza di clandestini in Italia.
Infatti, l’attività investigativa ha permesso di accertare che i lavoratori erano stati collocati inizialmente presso una abitazione di Castelvetro di Modena, erano stati successivamente spostati presso due abitazioni prese in affitto dai capi dell’organizzazione in provincia di Reggio Emilia nel territorio di Casalgrande e Castellarano.
Nello stesso tempo, con l’autorizzazione del Tribunale di Modena sono state effettuate alcune intercettazioni telefoniche che hanno permesso di fare luce sull’intera organizzazione e di accertare il ruolo reale svolto dai singoli indagati.
La collaborazione instaurata con l’INPS di Modena e il Servizio Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro, dell’ASL di Sassuolo, assieme all’attività di intercettazione telefonica, ha consentito di accertare che l’associazione riusciva a lucrare anche sull’attività dei cinesi presenti in Italia regolarmente e che, a prima vista, risultavano assunti regolarmente.
Questi risultavano titolari di un contratto di lavoro part-time per un totale di 16 ore settimanali, mentre l’attività investigativa, gli appostamenti ed i controlli effettuati hanno consentito di accertare che ciascuna di loro doveva lavorare per almeno 12 (dodici) ore al giorno, sabato e festivi compresi, il tutto per un compenso mensile che non variava tra i 600,00 ed i 750,00 Euro, a seconda dell’anzianità di servizio.
Terminato l’orario lavorativo, gli stranieri erano costretti a vivere il resto della giornata ammassati negli appartamenti messi a disposizione dall’organizzazione e non era loro consentito svolgere alcuna attività socializzante, ne frequentare amici e parenti. Ovviamente, parte della retribuzione veniva trattenuta per il pagamento del vitto e dell’alloggio.
Dai controlli accertati, è emerso che l’associazione a delinquere è riuscita ad evadere, in pochi anni, contributi per un totale di circa 200.000,00 Euro.
Nel corso dell’indagine sono state rilevate numerose inadempienze alla normativa sulla sicurezza dei luoghi di lavoro e per questo motivo il Servizio Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro, dell’ASL di Sassuolo ha proceduto alla contestazione di numerose violazioni, alcune talmente gravi, da assumere carattere penale.
Alla conclusione delle indagini il GIP di Modena dott. Alberto Ziroldi ha accolto le richieste del P.M. emettendo 3 ordini di custodia cautelare.
In data odierna La Polizia Municipale del Comprensorio Ceramico ha eseguito una serie di perquisizioni in provincia di Modena, Reggio Emilia e Milano.
Proprio in provincia di Milano (Canegrate) è stata arresta X. H. di anni 42 che è risultata essere a capo dell’organizzazione per la quale il GIP ha disposto la detenzione in carcere, mentre per gli altri due I. W. di anni 30 e Y.W. di anni 27, fermati a Sassuolo, sono stati disposti gli arresti domiciliari.
Come già in passato, l’indagine ha evidenziato tre aspetti del problema, tutti egualmente importanti: innanzitutto quello umanitario, collegato allo sfruttamento dei lavoratori, infatti, è risaputo che le persone di nazionalità cinese che vengono in Italia vengono inserite in un circuito perverso dal quale difficilmente riescono a venirne fuori. L’indagine della Polizia Municipale, come altre in precedenza, ha evidenziato che la posizione di illegalità di gran parte di queste persone le costringe in una situazione di quasi schiavitù, costrette a lavorare anche per 12/18 ore al giorno in situazioni di grave rischio per la salute e senza nessuna prospettiva di affrancarsi dal giogo.
Non diversa è apparsa, la posizione delle persone presenti regolarmente in Italia, le quali appaiono comunque ugualmente ricattabili: innanzitutto perché per giungere in Italia hanno dovuto sostenere spese altissime che, una volta trovato lavoro devono assolutamente rimborsare, ma anche perché l’organizzazione che si occupa della tratta inserisce gli immigrati cinesi in un contesto autarchico, autoreferenziale che ha il suo punto di forza proprio nello sfruttamento intensivo delle persone. Le difficoltà linguistiche, difficilmente superabili in tale contesto, fanno si che i lavoratori dipendano quasi totalmente dai loro datori di lavoro che possono facilmente influenzarli, facendoli credere che l’eventuale licenziamento avrebbe come conseguenza la revoca del permesso di soggiorno ed il ritorno in patria.
Va considerato, infatti, che, al contrario di quanto avviene per le altre etnie, l’immigrazione cinese è sempre senza ritorno, in quanto in caso di fallimento, il soggetto non può più far ritorno in Cina, dove non verrebbe più accettato dalla famiglia di origine che sul suo progetto migratorio ha investito tutte le proprie speranze.
In secondo luogo, non va sottovalutata la ricaduta che il fenomeno ha dal punto di vista della “sicurezza pubblica”, aspetto, questo collegato al preoccupante incremento del fenomeno della c.d. “mafia cinese” che da questo tipo di attività trae sostentamento.La facilità con cui l’organizzazione riesce a far giungere in Italia persone clandestine ed a procurare agli stessi documenti falsi, testimoniano del tentativo da parte delle organizzazioni criminali di insediarsi ed assumere il controllo del territorio.
Infine, si segnala l’aspetto, più volte segnalato dalle organizzazioni di categoria e richiamato espressamente dal GIP nell’ordinanza di carcerazione, relativo al grave danno economico e commerciale che questo tipo di attività provoca agli artigiani onesti, che pagano le tasse, i contributi sulla mano d’opera, che non sfruttano i lavoratori, che spendono denaro per garantire il rispetto delle misure di sicurezza sui posti di lavoro ecc. Quest’ ultimi sono costretti a subire una pesante e sleale concorrenza che li costringe a produrre a costi fortemente più elevati ed a risultare, chiaramente, meno competitivi sul mercato.
In questo senso, i danni per l’economia del Comprensorio e per la stessa occupazione nel settore risultano notevoli.