Solo fino a qualche tempo l’idea di riqualificare l’edificio di Via Circonvallazione 198 con murales sarebbe stata presa come una bufala d’estate e avrebbe suscitato allegre risate. Si colora di offensivo tentare di far credere a Cittadini abbandonati per anni a loro stessi, da un’amministrazione latitante, per la loro sola colpa di avere rispettato le istituzioni, che i problemi di degrado e di ordine pubblico di quel quartiere si risolvano con quattro variopinte spennellate.
Una comunità vive e progredisce per l’apporto di tutti, possiamo tagliare un braccio, una gamba ma sarebbe comunque una mutilazione per tutto l’organismo vivente.
Sono i pilastri che spacciano droga? Sono i serramenti che minacciano i passanti? Sono le porte che rendono quel quartiere invivibile?
Ma questa artistica riqualificazione urbanistica, di per se ridicola e che non frega a nessuno, assume aspetti più inquietanti volgendo l’attenzione alla notizia, ormai ora a quanto pare ufficiale, di una moschea che sembra essere stata individuata, o in pieno Centro Storico o, alternativamente, nel villaggio Artigiano a Braida, guarda caso, partorita in tempo di vacanze e, chissà perché, poco pubblicizzata.
Forse le vocazioni pittoree dei murales servivano a distogliere l’attenzione, da questo secondo aspetto?
Lungi dal pensare ad argomenti razzisti che favorirebbero solo gli ipocriti di turno, ma solamente ad aspetti di convivenza e, per quanto mi sia permesso, esperienza professionale e per questo sempre disposto a sostenerlo.
Non mi riferisco al recupero edilizio, impiantistico o burocratiche concessioni edilizie, sempre possibili scribacchiando qualche foglietto, ma all’impatto urbanistico che interferisce con la vivibilità di tutta la zona con riflessi sull’intero paese.
Gli edifici di culto, qualunque essi siano in quanto luoghi di aggregazione, costituiscono una palese interferenza sul territorio poiché accentrano parecchi fedeli con pesante alterazione del tessuto urbanistico esistente e penso dovrebbero essere recepiti e, accuratamente programmati negli strumenti urbanistici (RUE) ai quali tutti siamo tenuti a rispettare.
Per questo motivo il senso di tutte le leggi in materia rimarcano una programmazione costante per inserire in modo armonico ogni nuova attività nel rispetto di quelle esistenti, cosa che si concretizza nella adozione dello strumento urbanistico al quale, assessori imbianchini compresi, dovrebbero onorare.
Non risulta che in quelle zone le norme urbanistiche prevedano attività così estranee al tessuto urbano consolidato da decenni.
Al di la di discutibili interpretazioni o varianti dell’ultima ora delle leggi edilizie adottate, o anche novelle correzioni di errori materiali senza il necessario avvallo del Consiglio Comunale, come già accaduto, sorgono dubbi concreti che penso interessino parecchi sudditi, pardon Cittadini.
Nella zona artigiana di Braida si svolgono attività lavorative che appaiono incompatibili con qualunque edificio di culto.
Automezzi che caricano e scaricano, attività frenetiche di produzione ben lungi dall’esigenza di tranquillità e riflessione propria di edifici adibiti alla spiritualità: attività compatibili?
Nella zona centrale del paese invece, ove le strade sono anguste, proprietà a stretto contatto, carenza cronica di parcheggi, viabilità palesemente difficoltosa, progetti enfatici di pedonalizzazione, sarebbero compatibili con l’esigenza di raggiungimento di un così cospicuo numero di nuove presenze?
E che succede nei giorni di mercato? Lo sposteremo per garantire i diritti una volta accordati alla nuova attività? E i parcheggi richiesti per edifici di tale natura dove saranno fatti?
Forse può essere l’occasione buona per riaprire Via Cavallotti, annosamente negata con la scusa della pedonalizzazione, ma ora giustificabile in virtù della libertà di culto.
Lascia perplessi la scusante dell’esistenza di Chiese centrali per giustificare il diritto di altri edifici di culto.
Nel primo caso il Paese si è formato attorno ad esse, luoghi di secolare cultura, e mi si permetta di Fede, armonicamente cresciuti nel tempo; nel secondo caso si violenta allegramente il territorio con attività seppur politicamente lecite ma di fatto, quantomeno discutibili.
E nemmeno sembra giustificata che le attività prospettate possano configurarsi come centri culturali; sarebbe come pensare di fare in S. Giorgio un noleggio di pedalò, magari con un bel murales visto che va di moda.
Apprezziamo la vocazione pittorea dei provetti riqualificatori, sperando che lo sperimentino prima nel soggiorno di casa loro anziché tentare di convincerci di qualcosa che per metterla come la si dice da queste parti sembra “’na tolta per al cùl”.
Sappiamo di non contare a Sassuolo, lasciate pure per anni interi quartieri alla berlina, continuate pure a parlare del sesso degli Angeli, correggete pure quanto approvato dal Consiglio comunale spacciandoli per meri errori materiali ma non annoiateci con la fregnaccia dei murales.
Saremo ingenui ma non fessi.
(Comitato del centro storico di Sassuolo – il Vicepresidente Roberto Martini)