Il 26% dei consumatori italiani non
legge mai le etichette dei prodotti alimentari, ma il resto,
circa tre adulti su quattro, le leggono abbastanza spesso,
seppure per motivi diversi: è quanto emerge da una indagine
condotta da Astra-Demoskopea, presentata a ‘Sicura’, fiera dell’
igiene e sicurezza alimentare aperta oggi a Modena, promossa
dalle Ausl di Modena, Bologna e Parma con Modena Esposizioni.
Non leggere le etichette, precisa in una nota l’ Ausl di
Modena, è “un fenomeno diffuso soprattutto tra gli uomini con
un titolo di studio ed un reddito bassi e con un’ età
anagrafica medio-alta”. Tra chi invece le legge, il 18%
desidera “solo poche informazioni essenziali”, ma molto chiare
e accessibili (“corpi tipografici più grandi” e “termini
più facili, non tecnici”). Un terzo tipo individuato nel
campione (1.000 persone tra i 14 e i 79 anni) è “connotato dal
sospetto nei confronti dell’ industria e delle etichette: si
tratta di donne – prosegue la nota – di età media, ma a volte
anche giovani” e “non si fidano di quel che c’ è scritto
oppure sono certe che esse non servano a niente e/o che siano
solo una forma di pubblicità”. Un quarto tipo è composto da
chi dà più importanza “agli aspetti estetici, grafici e
pubblicitari” delle etichette: “una valanga di maschi,
giovani, residenti nei comuni più piccoli, con una forte
personalità”. Folto infine l’ ultimo tipo registrato, “quello
dei ‘label-fan’: si tratta di quei soggetti (il 34% del totale)
che dedicano un’ attenzione ossessiva alle etichette,
privilegiando il loro apparato informativo”. E sono qui “i
consumatori più evoluti: 25-54enni, residenti nelle ricche
province del centro-nord, diplomati e laureati, impiegati,
quadri, tecnici, insegnanti, imprenditori, dirigenti,
professionisti”.
Per Enrico Finzi, sociologo di Astra-Demoskopea, dall’
indagine emerge con chiarezza che l’ area “ingredienti, origine
e qualita” è quella più gettonata: “l’ attenzione è forte
per il 78% di chi legge le etichette”. Al campione è stato
chiesto se determinati elementi dell’ etichetta meritavano
attenzione e quanta. E gli ingredienti sono seguiti dall’area
dei consigli d’ uso (trasporto, conservazione in frigo e/o a
contenitore aperto, smaltimento anche del packaging, ma pure
ricette): “qui l’ interesse elevato arriva al 69%, mentre
quello medio è pari al 25%”. L’ area “ecologia, biologico,
commercio equo e solidale” è ritenuto di “grandissima
importanza dal 55% di coloro che leggono le etichette, mentre il
27% segnala un’ attenzione media. Più basso è l’ interesse
nutrizionale-dietetico, che certo coinvolgge l’ 80%, ma solo per
il 42% in misura intensa. Alla fine di questa classifica c’é l’
interesse per l’azienda, lo stabilimento produttivo, il servizio
clienti: il 70% ritiene tutto ciò meritevole di attenzione, ma
con il predominio dell’ intensità solo media (52%) su quella
forte (18%)”.
Le riposte variano da prodotto a prodotto per la domanda se
bastano le informazioni oggi dominanti (previste dalle leggi e
dai regolamenti europei e nazionali), o se ci vorrebbero
etichette più ampie e complete (ovviamente “leggibili e
veritiere”): in ogni caso però, prosegue la nota dell’ Ausl,
“emerge un forte favore, specie presso le fasce più avanzate
della popolazione, per le etichette che vanno al di là delle
prescrizioni minime di legge: ciò vale per il 52% se si tratta
dell’ olio d’ oliva e della zuppa surgelata; per il 50% se il
giudizio si riferisce alla vaschetta di prosciutto crudo; per il
47% se si tratta dell’ insalata pronta; per il 46% se si parla
di biscotti frollini senza zucchero”.