La raccolta differenziata dei rifiuti in Emilia-Romagna è inferiore agli obiettivi di legge. E’ quanto emerge dai dati raccolti dall’Autorità Regionale sui rifiuti e illustrati in un incontro pubblico organizzato da Legambiente a Bologna.
Nelle nove province della regione nel 2003 sono state raccolte 2.630.000 tonnellate di rifiuti solidi urbani, delle quali 798,30 (il 30,35%) con la raccolta differenziata. L’Emilia-Romagna rimane al di sotto degli obiettivi fissati dalla legge nazionale e ancor di più da quella regionale, che fissa nel 40% la percentuale di raccolta separata dei rifiuti ai fini del riciclaggio.
Leggendo i dati di fonte Arpa ripresi nella relazione dell’autorità regionale sui rifiuti, si scopre che solo la provincia di Reggio Emilia, con il 42,07%, supera i limiti previsti dalla legge; che Ravenna con il 35% raggiunge solo gli obiettivi del Decreto Ronchi (35) ma non quelli fissati dalla legge regionale. Le altre province sono più giù (Ferrara, 33,00; Modena, 32,46; Piacenza, 32,16; Parma, 28,00; Rimini, 25,00. In coda le province di Bologna con il 24,85 e Forlì-Cesena con il 22,00.
I dieci comuni più virtuosi di tutta la Regione sono stati, nel 2003, Caorso (Piacenza) con il 70,42%, Nonantola (Modena) con il 61,11; Rubiera (Reggio Emilia) con il 54,10; Correggio con il 54; Gattatico con il 52,90; Albinea con il 51,70; Cavriago con il 50,70; Castelnuovo Rangone (Modena) con il 49,77%; S.Ilario d’Enza (Reggio) con il 48,66% e Fabbrico con il 46,90.
Ma nell’incontro aperto da Nino Pizzimenti, presidente di Legambiente Bologna, non si è parlato solo di numeri. Andrea Cirelli, dell’Autorità Regionale per la vigilanza dei servizi idrici e di gestione dei Rifiuti Urbani, ha presentato un lavoro sulle raccolte differenziate. Dall’incontro è emersa anche una analisi impietosa delle difficoltà, così sintetizzate da Legambiente: “Sono poco affidabili i dati sulla produzione e smaltimento dei rifiuti, sono falliti gli osservatori provinciali e regionale, solo la metà delle province ha costituito i comitati consultivi provinciali degli utenti e quelli insediati non funzionano, è carente il coordinamento e non c’é integrazione dell’azione dei vari livelli istituzionali, non si vedono politiche concrete per la riduzione dei rifiuti. Mancano soluzioni credibili e c’é scarsa promozione della partecipazione dei cittadini: si parla soltanto di impianti di smaltimento e non si promuove la partecipazione dei cittadini alle raccolte”. Il dibattito ha sottolineato anche l’esigenza di trasparenza sui criteri di valutazione dei risultati. Il rapporto dell’Autorità Regionale afferma a questo proposito che occorre “maggiore trasparenza sui criteri con cui raggiungere le percentuali di raccolta differenziata, smascherando risultati apparentemente positivi ma ambientalmente discutibili” e che non conviene a nessuno confondere ancora i rifiuti raccolti con quelli effettivamente riciclati.
“Dal dibattito – conclude Legambiente – sono piovute accuse pesanti: “Si continua a voler educare i bambini delle scuole, mentre andrebbero educati gli amministratori pubblici che delegano tutto alle multiutility: si tratta di capire quanti sindaci fanno il loro mestiere di sindaci o invece gli azionisti delle aziende di raccolta”.