Il sogno, ossia quell’immagine che compare nella mente quando ci si addormenta e che si ricorda allo stato di veglia, va visto come una modalità di pensiero, diverso ovviamente dal pensiero cosciente e razionale della veglia. Anche se presenta ancora lati oscuri, l’attività onirica non è dunque priva di senso e significato.
E’ quanto sostiene Mario Bertini, ordinario di psicologia fisiologica all’università La Sapienza di Roma, per il quale “l’attività onirica è particolarmente importante in quanto ci permette d’avere un’enorme quantità di informazioni”.
Il sogno non è un accidente ma un linguaggio che si esprime con immagini. E addirittura secondo una recente ricerca americana che ha dato vita a un dibattito a distanza, il sogno è “la porta di servizio” per capire il comportamento umano e per entrare nei pensieri del paziente. “Il sogno è il prodotto del nostro cervello e quando ricordiamo le immagini oniriche da svegli – spiega il genetista Edoardo Boncinelli – le rivestiamo con i nostri ricordi personali: ma, probabilmente, non servono a niente”.
Il sogno, è noto, avviene nella fase rem del sonno quando è possibile osservare, con registrazioni elettroecefalografiche, un tracciato uguale a quello della veglia e il cervello torna ad essere attivo. “Quel che è interessante – prosegue Boncinelli – è il rapporto tra cervello e corpo: quando dormiamo siamo fermi per un meccanismo particolare che mediante la corteccia cerebrale inibisce i nostri muscoli”.
Da scoprire, secondo Boncinelli, c’è ancora molto su come funziona la mente umana. “Il sogno permette di conoscere i sentimenti, le ansie, le modalità difensive del paziente”, è la tesi di Mauro Mancia, neurofisiologo dell’università di Milano. “Il sogno essendo un linguaggio va capito – aggiunge Bertini -. E se uno riesce a capirlo esso dice moltissimo: potrebbe orientare anche l’azione: in fondo il sogno è l’elaborazione delle esperienze, delle emozioni vissute”.